Raccontare Gigi Riva è facile e difficile al tempo stesso. Si rischia di cadere nella retorica, si rischia di dimenticarsi qualcosa per strada, lì dove l’aneddotica sportiva si intreccia con quella privata e con il rapporto tra il calciatore e un’intera comunità, un’isola. C’è un episodio che, forse, racconta meglio di qualsiasi altro chi è stato Riva come uomo e come sportivo e lo ha raccontato Francesco Totti nella sua biografia ricordando il ritorno in Italia della Nazionale campione del mondo nel 2006, quando gira la voce che sul pullman che porterà la squadra al Circo Massimo saliranno anche alcuni politici: «Quando ha sentito che sul pullman scoperto diretto al Circo Massimo non saliranno soltanto la squadra e lo staff che l’ha assistita al Mondiale, ma anche altri addetti federali e soprattutto qualche uomo politico, ha fatto una piazzata. Lo vedo in fondo alla sala, scuro in volto: cercano di trattenerlo, ma lui ha deciso. Scende rapidamente la scalinata interna, sbuca nella piazza accanto al pullman parcheggiato, si fa aprire il vano bagagli dall’autista sbigottito, prende il suo trolley e se ne va, immagino alla ricerca di un taxi. Se già lo ammiravo prima, per il suo passato di campione e per quella disponibilità unica a mettersi sempre dalla parte dei giocatori, adesso sento di amarlo. Trovo preziosa la sua capacità di non perdonare, di non lasciarsi scivolare addosso tutto come invece facciamo noi, che in quell’atmosfera di festa fingiamo per quieto vivere di non ricordare cosa aveva detto Tizio, cosa aveva proposto Caio, quanto ci aveva insultato Sempronio».
C’è chi ha provato a paragonarlo proprio a Totti e a Maradona, da una parte per il legame con un unico club, dall’altra per quello che ha rappresentato per una città e il suo riscatto sociale. Una forzatura, perché entrambi sono lontani anni luce dall’uomo verticale che è stato Riva, coerente solo con sé stesso e le proprie idee, sposando la causa di una comunità alla quale si è legato fino all’ultimo respiro. Ma c’è di più, nonostante, ancora oggi, in molti si riempiano la bocca del suo nome, del suo talento, del suo attaccamento alla maglia della Nazionale e alla Sardegna, sia in senso sportivo che umano, non c’è niente di più distante di Riva dal calcio di oggi, dal modo di viverlo – leggi i ripetuti atti di razzismo all’Unipol Domus – e raccontarlo. Perché guardare Gigi Riva oggi, con lo sguardo rivolto all’indietro, racconta più quello che siamo diventati che quello che è stato “Rombo di Tuono”.