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Cosa ci ha detto (e cosa no) Valentina Petrillo

Che lo sport va veloce, che è il momento di ragionare seriamente sul tema che una soluzione non discriminatoria non c'è e che una certa politica fa schifo

La conferma che vi (ci) abbiano preso tutti in giro l’abbiamo avuta dalle Paralimpiadi. Forse è un bene, forse è un male, ma almeno abbiamo ora la certezza di essere in mano a un esercito di ipocriti che dello sport non sanno nulla e a cui dello sport non frega nulla, se non per la più bieca propaganda. Non che sia una novità, sia chiaro, però assomigliare alle parole che si dicono, ed essere con queste coerenti, sarebbe una precondizione, quando si fa politica. E allora, siccome – e ne abbiamo scritto – ci sarebbe stata la possibilità di aprire un dibattito alto utilizzando il pretesto (nato da premesse errate) relativo a Imane Khelif, e non lo si è fatto buttando la palla in tribuna, le Paralimpiadi per prime hanno messo in pista quello che da tempo qui abbiamo definito “l’elefante nella stanza” dello sport (non ce ne voglia l’atleta: non è una questione individuale), ovvero la presenza in un evento internazionale d’élite di un’atleta che ha completato la transizione, Valentina Petrillo. Non lo si è fatto comunque, questo dibattito alto. Però abbiamo capito alcune cose. Una, l’ipocrisia politica italiana, l’abbiamo accennata, l’altra è più sportiva.

La prima – che è la seconda rispetto a quanto abbiamo appena scritto, ma è la prima in ordine di importanza – è che le cose accadono senza bisogno di forzarle. Ricordate un anno fa, quando raccontammo della categoria “open”, inserita da World Aquatics nella tappa di Coppa del Mondo a Berlino, accanto a quelle tradizionali maschili e femminili? Ebbene, tornammo poche settimane dopo sul tema, perché alla categoria non si iscrisse nessuno, del resto, a prescindere dall’intento inclusivo, l’individuazione di una terza categoria, una categoria altra rispetto a quella maschile e a quella femminile, già di suo ha un carattere discriminatorio. Magari non nelle intenzioni, ma nella realizzazione indiscutibilmente sì, perché trattasi di una separazione che, peraltro, avrebbe costretto a un evidente comin…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.