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Un caso, tanti temi dimenticati

Quello di Imane Khelif è stato il caso principe delle Olimpiadi. Fuori fuoco, politico, fasullo. E si è persa l'occasione per un dibattito molto contemporaneo

Guardare il dito, ma non la luna. La vicenda della pugile algerina Imane Khelif, di cui si è dibattuto durante i Giochi di Parigi 2024, è stata un’occasione persa per chi si occupa di sport e di chi lo racconta.

Fuori fuoco La polemica strumentale sulla partecipazione di Khelif alle Olimpiadi, a cui peraltro aveva già combattuto a Tokyo 2020, ha tolto spazio ad almeno due questioni centrali. La prima riguarda la necessità da parte degli organismi internazionali di governo dello sport di dotarsi di regole universalmente riconosciute per la la determinazione del sesso. Una priorità, già avvertita con il caso della sudafricana Caster Semenya, la cui eccezionale carriera è stata rallentata e poi stroncata da sospetti e sentenze, fondamentale per garantire prima di tutto il rispetto delle atlete e poi la competitività. La seconda è quella sull’uso strumentale dello sport a livello politico. Perché la vicenda della pugile algerina è stata l’arma che la International Boxing Association (IBA), la Federazione internazionale del pugilato, presieduta dal russo di origine uzbeka Umar Kremlev, molto vicino a Vladimir Putin, ha usato per mettere in difficoltà il CIO, con test n…

Roberto Brambilla
È nato a Sesto San Giovanni, quando era ancora (per poco) la Stalingrado d'Italia. Ha scritto di sport e temi sociali per il web e per la carta. Ama la Storia e le storie. Al mattino insegna ai ragazzi, al pomeriggio sogna Berlino (Est).