Sonnambuli inerti, con queste parole uno degli ultimi rapporti del Censis ha raffigurato gli italiani. Ha scritto Giorgio Merli lo scorso luglio: «… persone che vivono in una visione distorta della realtà (di cui non vogliono prendere atto) e che non ritengono comunque di dover in un qualche modo reagire, in quanto sembra che il problema non li riguardi. Tutti (o quasi) gli aggettivi usati dalla stampa per fotografare la situazione della Nazionale di calcio sono, in effetti – almeno nei contenuti – gli stessi che ha evidenziato lo studio del Censis». Difficile dargli torto, poiché di fronte a due mancate qualificazioni mondiali consecutive e al flop di Euro 2024, con in mezzo il ‘miracolo’ di Mancini del 2021, Gabriele Gravina, presidente della FIGC, non ha mai pensato a dimettersi, come il Ct Luciano Spalletti, rimandando tutto alla prossima assemblea elettiva che, però, non sarà più il 4 novembre: in quel giorno si terrà quella straordinaria per lavorare sulle modifiche di statuto (più potere alla Lega di Serie A?). Le elezioni, alla fine, come panacea di tutti i mali, dove Gravina cercherà di arrivare con i voti per essere riconfermato, invece di lasciare spazio ad altri e affrontare di petto i problemi che affliggono il nostro calcio, che sono problemi di sistema per un movimento che non è mai stato tale. Un’occasione mancata, una delle tante, considerando che dal 2010 non riusciamo a superare la fase a gironi in Coppa del Mondo e una squadra italiana non vince la Champions League. Ecco i nodi che, non solo secondo noi, ammorbano il calcio italiano e che dovrebbero essere affrontati con decisione, a tutti i livelli del movimento.