Fame, voglia, volontà. Anche diposizione d’animo e inclinazione. Sono queste alcune definizioni che il vocabolario Treccani da del talento. Poco a che vedere con l’idea che di questo si ha, generalmente, nel calcio. Nell’immaginario collettivo, infatti, il talento è più spesso associato alla discontinuità, al colpo a effetto, al beau geste, di cui sono ‘malate’ molte giovani generazioni, tanto da far assurgere alla qualifica di fuoriclasse giocatori che hanno vinto poco e male ma che una sola volta in vita loro si sono inventanti qualcosa di unico. Idee di calcio diverse.
Chi scrive preferisce la volontà alla leggiadria, il desiderio, feroce, all’affettata noncuranza, e per questo ha amato sempre giocatori appartenenti alla working class, scovando in essi più talenti che un solo grande talento, capaci di costruire carriere un centimetro alla volta piuttosto che con il più classico degli all in. Uno di questi è sicuramente Moreno Torricelli: tre scudetti, una Coppa Italia, due supercoppe italiane, una Champions League, una Coppa Uefa, una Supercoppa Europea, una Coppa Intercontinentale con la Juventus e un’altra Coppa Italia con la Fiorentina.
Magazziniere in una fabbrica di mobili della Brianza e calciatore dilettante, fu Giovanni Trapattoni a guardare dentro quel ragazzo di Erba e a vedere il campione che sarebbe stato di lì a poco. Perché uno come Moreno non lo sogni, non è contando i Torricelli che passi l’estate fantasticando un mercato da Juve, uno com…