Come il football spiega l’America ce lo ha raccontato il collega Roberto Gotta nella monografia n. XXVII dal titolo Strapaese. Una delle interviste più interessanti fatte in questi, quasi, due anni di The SpoRt Light: «Il football di fatto è la rappresentazione innocua e sportiva dell’amore per la disciplina e per l’ordine che caratterizza genericamente gli americani dai primi del secolo scorso. Anche se rischiò di sparire prima di potersi affermare: nel 1905 il presidente Theodore ‘Teddy’ Roosevelt convocò i coach delle maggiori università e li convinse a cambiare il football, a modificarne le regole per renderlo meno violento. C’erano stati 19 morti in campo, nei mesi precedenti, e già alcuni rettori di college ed editorialisti di quotidiani si erano espressi per il divieto di uno sport che era considerato una sorta di rissa legalizzata. Alcune fonti riportano che Roosevelt minacciò di mettere fuori legge il football con un decreto presidenziale, ma si tratta forse di una esagerazione. E non è nemmeno chiaro se la spinta decisiva, oltre al terrificante numero di decessi, sia arrivata con la foto, pubblicata da alcuni giornali, di un giocatore quasi sfigurato (ma vivo) dopo una mischia o con il trauma cranico riportato dal figlio stesso del presidente durante un allenamento. Sta di fatto che poco tempo dopo la convocazione dei coach nacque la NCAA, organismo di gestione e controllo del football universitario, che con una serie di regole favorì la sopravvivenza dello sport, al quale poi portarono ulteriori benefici innovazioni come maggiori protezioni per le parti del corpo più esposte. Si pensi ad esempio che molti, nei decenni iniziali, giocavano non solo senza casco – oggetto inconcepibile nell’Ottocento – ma anche senza quelle rudimentali calotte di pelle poi a lungo utilizzate. Ed è significativo che Roosevelt volesse salvare il football perché lo riteneva, al di sopra di ogni altro sport, fondamentale per la formazione e l’educazione degli americani. Questo aspetto a mio avviso è ancora valido, ma non sono sicuro che a noi europei il football possa insegnare molto. Certo, è sport in cui massimamente il gioco risente del contributo di tutti e non solo di alcuni, è la sublimazione dello sport di squadra: nella maggior parte delle azioni ogni giocatore in campo deve svolgere al meglio il proprio compito per permettere la buona riuscita, e anche il quarterback più preciso non ha speranze se gli uomini della cosiddetta linea di attacco non riescono a tenere i difensori lontani da lui o se i destinatari dei suoi lanci non hanno le mani morbide e forti al tempo stesso».
E se questa è l’anima profonda del football americano, il Super Bowl è la cartina tornasole di come lo sport professionistico a stelle e strisce è organizzato dal punto di vista economico.
Domani, domenica 11 febbraio, all’Allegiant Stadium di Paradise, nel Nevada, si disputerà la LVIII edizione della finale del campionato della National Football League, per decretare il campione della stagione 2023, tra Kansas City Chiefs e San Francisco 49ers. Sarà la prima volta che si giocherà in questo stadio e che si disputerà nell’area metropolitana di Las Vegas e, in generale, nello stato del Nevada. La gara sarà trasmessa negli Stati Uniti dalla CBS, in Italia da Italia 1 e da DAZN.