Rapiti, torturati, assassinati, tra questi coloro che sono stati gettati vivi nell’Atlantico con i voli della morte, anche durante il Mondiale del 1978, una delle pagine più nere dello sport mondiale e anche di certo giornalismo sportivo; una delle poche luci in tanto buio fu il Guerin Sportivo allora diretto da Italo Cucci, che meriterebbe una rilettura a parte. La dittatura argentina, con il Processo di riorganizzazione nazionale, dal 24 marzo 1976 al 10 dicembre 1983, è stata responsabile della scomparsa di 30mila argentini – desaparecidos – e di oltre 50mila detenzioni illegali. I tre maggiori responsabili sono stati il tenente generale Jorge Rafael Videla, l’ammiraglio Emilio Eduardo Massera e il generale di brigata Orlando Agosti, capaci di mettere in pratica un sistema repressivo, contro tutti gli oppositori politici del regime fascista argentino, di una violenza inaudita, violenza che ancora oggi riecheggia nella storia dell’America Latina e del mondo intero. Desaparecidos come in Brasile, Cile (38mila le persone scomparse), Paraguay e Uruguay, in una linea rossa che ha attraversato il Sud America all’interno di un disegno anticomunista e antisocialista più ampio, tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.
Tra questi ci sono stati molti sportivi, storie che, nella loro drammaticità, hanno aiutato a conoscere meglio un fenomeno storico, politico e sociale come quello dei desaparecidos, storie di resistenza civile senza lieto fine, le quali, però, hanno contribuito a tenere viva la memoria di atrocità commesse da uno stato fascista e terrorista che per decenni ha sperato di farla franca e che, ancora oggi, gode di un tessuto di reticenze e giustificazioni inaccettabili a qualsiasi latitudine.
Giocatori di scacchi, di hockey, di rugby, calciatori, cestisti, canottieri, ginnasti, tennisti e maratoneti, tra gli altri, sono stati perseguitati non in quanto sportivi ma per la loro militanza politica: dalle organizzazioni di sinistra all’Izquierda guevarista, dai Montoneros al Partito comunista, dal movimento studentesco alla Juventud Peronista; raccontati dal giornalista argentino Gustavo Veiga nel libro Deporte, desaparecidos y dictadura del 2006.