Popolare come pochi altri sport, e allo stesso modo tradizionale, il mondo delle bocce è un universo sportivo che, in Italia, ha una storia memorabile. E il presente? «Giocare a bocce dà oggettivamente “dipendenza”, positiva e sportiva, s’intende, una volta iniziato a farlo si può smettere e ricominciare anche diverse volte nel corso della vita, ma abbandonarle del tutto senza occuparsene più in qualche forma, non sembra possibile». Francesco Ferretti, 53 anni, definisce così il suo amore per le bocce, sport che in Italia, secondo i dati del CONI, aggiornati al 2020, ha 64mila atleti tesserati, distribuiti in 1602 società. Figlio di Michele, socio, fondatore di una società di Roma, il Circolo Bocciofilo Santa Silvia, cresciuto sui campi, Francesco lavora per la Federazione Italiana di Bocce (FIB) ed è la voce di questo sport sulla Rai.
Cosa ti ha colpito delle bocce?
«Si tratta di un gioco-sport dove la parte mentale e tattica è realmente importante in egual misura se non più, in alcuni casi, delle capacità tecniche (il cosiddetto “braccio”) e fisiche dell’individuo. Le componenti da far collimare per la precisione richiesta sono tante, le variabili da provare a gestire lo stesso e il gioco che di volta in volta si cristallizza sempre diverso ti mette alla prova dovendole valutare tutte, e in un tempo assai ridotto. Tutto ciò mi ha colpito e mi è piaciuto in maniera profonda sin dall’inizio, con vari gradi di consapevolezza legata all’età e all’esperienza, ovviamente (ho iniziato a sette anni!), ma è stato amore a prima vista. Può sembrare bizzarro ma è un po’ come mescolare in uno shaker sportivo alcuni aspetti del tennis, alcuni del biliardo e alcuni del golf senza racchette, stecche e mazze. Un mix a suo modo irresistibile».
Sei nel mondo delle bocce da molti anni. Cosa è cambiato negli ultimi…