di Antonella Bellutti
Il 13 ottobre 2023 Vittoria Bussi, in sella alla sua bicicletta, percorre 50, 267 chilometri in un’ora. Nella cronologia del record maschile si collocherebbe tra il 51,115 km/h di Voigt del 2014 e il 49,700 kn/h di Sosenka del 2005. Mi impressiona profondamente pensare alla portata di questo risultato, così come provare a calarmi nella fatica di un gesto atletico considerato tra i più duri e difficili che lo sport preveda. So bene cosa significa pedalare a quelle velocità, perciò mi dà le vertigini pensare di moltiplicare quello sforzo per 60 minuti. Per orientarmi prendo come riferimento un mito del ciclismo italiano, Francesco Moser, che nel 1894 tenne tutti gli italiani incollati alla televisione per seguire, metro dopo metro, il chiacchieratissimo record di 51,125 chilometri pedalati in un’ora; di lui si disse che “portò il ciclismo nel futuro”.
Anche Moser era in Messico, come Vittoria Bussi. Lui a Città del Messico, lei a Agua Calientes. Lui pedalava tra due ali di folla e sotto i riflettori di tutto il mondo. Lei pedalava in un velodromo vuoto e pensava al trafiletto che i giornali le avrebbe riservato in caso di successo. A vedere le foto viene quasi una stretta al cuore: sola in pista, nessuno sulle tribune, nessuno nel parterre tranne i cronometristi e uno staff minimo.
Per realizzare la preparazione e organizzare l’evento Vittoria ha lanciato una raccolta fondi online, presentando il suo progetto come obbiettivo di battersi per un doppio cambiamento culturale: dare dignità al ciclismo femminile e pretendere la sicurezza sulle strade. Conclude la presentazione affermando: «In pista sembro sola contro il tempo, ma sola non lo sono mai, perché con me porto tutte le persone che credono nella mia lotta». Qualcuno che ci ha creduto c’è, esiste, perché la raccolta fondi è andata a buon fine. Ma certo non erano persone che avevano a c…