di Antonella Bellutti
Leggevo su Repubblica, in un articolo di Fulvio Bianchi dello scorso 5 marzo, alcuni commenti che risultano particolarmente di attualità e motivo di riflessioni che vorrei condividere con il pubblico attento di The SpoRt Light. Cito fedelmente alcuni passaggi: “Cresce la paura, perché se non cambia la legge sul limite ai mandati (massimo tre, quindi 12 anni) centinaia di dirigenti sportivi fra poco più di un anno dovranno andare a casa. E fra questi dirigenti c’è chi ha fatto la storia dello sport italiano (venti presidenti su poco più di 40): Petrucci [fresca new entry nel cda dell’U.S. Salernitana, ndr], Binaghi, Aracu, Urso, Rossi, Abbagnale, Buonfiglio, Chimenti e tanti altri. Non solo: moltissimi Comitati regionali del Coni avrebbero un problema di non poco conto, lo sport sul territorio rischierebbe di fermarsi perché non è sempre facile trovare volontari”.
La legge – voluta per rigenerare la dirigenza sportiva italiana – a cui la citazione fa riferimento (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 gennaio 2018 e conosciuta anche come legge Lotti) stabilisce che: “Gli statuti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate prevedono le procedure per l’elezione del presidente e dei membri degli organi direttivi, promuovendo le pari opportunità tra donne e uomini. Il presidente e i membri degli organi direttivi restano in carica quattro anni e non possono svolgere più di tre mandati…”.
La legge però non ha previsto retroattività per i presidenti già in carica all’entrata in vigore (alcuni dei quali sopracitati) e che, non solo oggi sono al settimo, qualcuno all’ottavo mandato, ma se la sentono anche di rilanciare. Anzi ne rivendicano la legittimità.
L’operazione prende il via da un ricorso accolto dal Tar del Lazio, presentato da un consigliere toscano della Federazione tennis a cui nel 2020 era …