Preveniamo subito la contestazione immediata, quella di chi invita a guardare prima di tutto in casa propria: in Francia, dopo il ritorno del pubblico negli stadi dopo la pandemia, si è verificata una serie di episodi di violenza negli stadi (e nelle vicinanze degli impianti) che non accadeva da tempo, e l’eco internazionale di questi incidenti ha portato a un dibattito interno, politico e mediatico, sulla necessità di introdurre nuove misure per contrastare certe situazioni e, soprattutto, prevenirle, attraverso nuove regole per l’accesso agli stadi. Tutte cose che in Italia negli anni abbiamo imparato a conoscere, dai biglietti nominali alla tessera del tifoso, passando per tutte le regole che gli ultrà fanno rientrare nel termine “repressione”. Ecco, l’Equipe, nel proprio magazine settimanale pubblicato sabato 1 aprile, si è occupata delle curve italiane con un lungo e significativo reportage intitolato “Les virages du crime”, le curve del crimine insomma, e a chi obietta che avrebbe potuto guardare in casa propria, in realtà è utile ricordare che lo ha fatto e spesso, negli ultimi due anni, ospitando posizioni tra loro anche contrastanti.
Che i giornalisti della testata abbiano deciso di occuparsi di quelle nostrane, in questo senso, diventa ancora più interessante considerando anche le differenze di contesto, perché la Francia attuale è un calderone di disagio sociale e proteste di piazza veementi che qui in Italia non viviamo, non ancora almeno, e non perché la situazione sia migliore, ma perché, come tanti Cipputi, siamo assuefatti all’ombrello che Altan da decenni disegna proprio lì. Se in Francia, insomma, certi comportamenti da stadio hanno, parzialmente, anche altra matrice, in Italia il discorso è differente. Non si parla tanto di scontri, di incidenti, di ciò che in qualche modo fa parte della sottocultura ultrà. Si parla proprio di criminalità organizzata e di una certa silente connivenza con essa.
Le Mag scrive, nell’ed…