Il giorno del giudizio universale per il calcio italiano: 23 marzo 1980. Quando i carabinieri entrarono negli stadi per ammanettare i calciatori, una cosa mai vista prima e mai vista dopo. Di fronte a quello che era ed è stato considerato per molto tempo il più grave scandalo del calcio italiano: combine ripetute dietro un sistema organizzato da un fruttivendolo e un ristoratore che gestivano, o almeno così si desume ancora oggi, una fetta importante del Totonero. Legami con la malavita organizzata? Niente di tutto questo è mai venuto a galla, anche perché rispetto alle condanne inflitte dalla magistratura sportiva, quella ordinaria assolse tutti «perché il fatto non sussiste».
Alla vigilia dell’Europeo, il secondo in Italia dopo quello vittorioso del ’68, e con l’Inter di Bersellini lanciata verso il tricolore. Insomma c’erano tutti gli ingredienti per una bella estate di calcio, con Paolo Rossi e Giordano a formare l’attacco delle meraviglie della Nazionale di Enzo Bearzot, reduce da uno splendido Mondiale argentino e da uno sfortunato quarto posto; sarà quarto posto anche all’Europeo, ma per ben altri motivi.
Quello che accade nel marzo dell’80 è in qualche modo atteso, da tempo i sospetti di combine girano nell’ambiente, alcuni giornalisti lo scrivono senza tante parafrasi e la bomba che esplode è solamente la certezza che c’era qualcosa di marcio. Questa volta, infatti, non si trattava di una singola partita, ma di un intreccio di partite, giocatori, personaggi dal dubbio presente e dal passato sconosciuto.