di Nicola Sbetti
Sarà forse perché veniamo da un Mondiale di calcio maschile in Qatar gestito in maniera ipocrita inseguendo il profitto a tutti i costi, ma se lo paragoniamo alla FIFA di Infantino, il CIO di Bach appare un faro nel complesso e sfaccettato mondo dello sport internazionale.
Chi ha letto Giochi di potere o mi segue anche al di fuori di questa rubrica mensile su The Sport Light sa bene che non mi si può certo incasellare fra gli apologeti del movimento olimpico, però bisogna dare atto al Comitato Olimpico Internazionale di aver saputo sviluppare, in particolare dopo lo scandalo corruzione legato all’assegnazione delle Olimpiadi inverali del 2002, una certa capacità di mettersi in discussione.
Pur non essendo certo esente da critiche, negli ultimi anni il CIO è sembrato essere capace di evolversi e adattarsi ai cambiamenti della società in maniera meno rigida che in passato, quando il dogmatismo e il conservatorismo di alcuni presidenti (Avery Brundage su tutti) aveva rischiato di compromettere il futuro stesso delle Olimpiadi.
Per esempio, a fronte della crisi del modello di città olimpica che si era afferm…