L’idea, per il momento accantonata, della Federcalcio russa di affiliarsi all’AFC ha messo in allarme gli oligarchi, presidenti dei club, tra cui il CSKA Mosca: «Dovremo letteralmente ripartire da zero, pertanto, forse, dovremmo aspettare un ritorno al grande calcio europeo», ha dichiarato Yevgeny Giner, proprietario della squadra moscovita, facendo intendere che un passaggio del genere avrebbe conseguenze finanziarie pesanti: basti pensare alla differenza dei diritti televisivi tra Champions League europea e asiatica. Perché al di là delle dichiarazioni muscolari la guerra non ha solamente messo in difficoltà l’economia russa, le sanzioni, infatti, hanno colpito duramente anche lo sport russo e non solo sotto l’aspetto agonistico. Un inciso, il calcio russo è parte integrante della storia e della cultura del calcio europeo, rinnegarlo sarebbe da stupidi.
«Eravamo pronti per le sanzioni, ma non ci aspettavamo che avrebbero colpito, atleti, intellettuali, attori e giornalisti», ha dichiarato, a suo tempo, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, ammettendo quanto sia importante lo sport, e non solo, per un Paese come la Russia, il quale sperava di poter continuare a primeggiare nel mondo, in discipline diverse, nonostante la guerra e dimostrando di non avere imparato niente da quella civile jugoslava degli anni Novanta.
L’Urss prima e la Russia dopo hanno sempre visto nello sport un volano attraverso cui affermare i propri valori, non solo sportivi ma anche culturali e politici. Stiamo parlando di oltre duemila medaglie olimpiche delle quali oltre 750 d’oro, una tradizione che l’embargo sportivo ha messo in pausa sine die. Un embargo che la Russia aveva già conosciuto a causa dello scandalo doping.
E l’impatto è stato ancora più duro alla luce dei successi che lo stesso Putin poteva vantare a livello sportivo: dall’org…