Il SARS-CoV-2 è un virus giovane del qual si sa abbastanza ma non tutto. Si stanno ancora studiando, per esempio, i sintomi da long Covid-19 sulla popolazione e, nonostante l’attenzione mediatica e pubblica si sia – anche fortunatamente – allentata su dati e sviluppi di questa malattia sono tante le persone che ne soffrono nel lungo periodo. Ovviamente su The SpoRt Light partiamo da alcuni assunti: il Coronavirus esiste, è una malattia grave e in casi specifici mortale, i vaccini sono stati un’arma fondamentale per contrastarlo, insieme con mascherine e isolamento, e crediamo nella scienza.
Uno dei casi che ha colpito di più l’immaginario collettivo è stato quello di Paulo Dybala, allora giocatore della Juventus, che non solo è rimasto positivo per tanto tempo ma ha fatto fatica a tornare al cento per cento, lamentando che dopo cinque minuti di allenamento intenso si doveva fermare perché faceva fatica a respirare.
The Economist ha pubblicato a suo tempo il lavoro di tre ricercatori, Kai Fischer, W. Benedikt Schmal e J. James Reade – i primi due della Heinrich Heine University, il terzo di quella di Reading –, i quali avevano analizzato le prestazioni di 200 calciatori risultati positivi nella Bundesliga e nella Serie A, osservando i dati Opta su minuti giocati, distanza percorsa e passaggi completati: «Molto tempo dopo l’infezione, gli atleti giocano meno minuti e completano meno passaggi». The Economist ha scritto che, secondo gli autori della ricerca, i calciatori sono tornati a performance in linea con le loro qualità dopo mesi dalla malattia. Sempre The Economist…