di Antonella Bellutti
La storia della Repubblica Italiana, agli sportivi, dice una cosa chiara: che a vincere le elezioni politiche fosse il centro, la sinistra o la destra, non ha mai fatto alcuna differenza rispetto alla decisione di introdurre un ministero stabile per lo Sport. Nessuna differenza degna di nota nemmeno in quelle rare occasioni in cui il ministero c’è stato: che fosse più di destra o più di sinistra sempre è rimasto senza portafoglio e condiviso con altre competenze. Così come mai nessuno schieramento è riuscito ad inserire la parola «sport» nella Costituzione. Situazione di parità pure per le riforme: nel 2000 ci fu quella della sinistra a nome di Melandri relativa alla modifica degli organi elettivi delle istituzioni sportive. Nel 2018 ci fu quella voluta dalla destra di Giorgetti, con la conversione della società CONI Servizi S.p.A. in Sport e Salute S.p.A. Riforma poi ripresa da Spadafora ma rimasta a oggi e, probabilmente per sempre, incompiuta.
Pochi e deboli i punti segnati ma sufficienti a ufficializzare il pareggio tra correnti politiche nella partita del disinteresse per lo sport piuttosto che dell’interesse.
La storia dello sport italiano non si è incrociata mai veramente con la storia dei governi della nostra Repubblica. Pur volendo legittimare l’iniziale titubanza per via dell’abuso che ne è stato fatto durante il ventennio, non ha alcun senso perseverare nel punire lo sport per la distorsione a cui regimi e non regimi lo hanno sottoposto nel tempo e nel mondo e che, difficilmente, troverebbe qualche soggetto senza responsabilità: decenni fa la guerra fredda con le sue battaglie condotte attraverso medaglie, atleti, boicottaggi, doping di stato e il più recente sportwashing lasciano poco spazio a innocenti e puri.
E poi c’è sempre il solito equivoco derivante dall’interpretazione strumentale o meglio, strumentalmente interessata, del principio di autonomia dello sport dalla politica, così come sancito dalla Carta Olimpica, ch…