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Il caso francese: l’eredità di de Gaulle

Lo sport francese ha ricevuto una grande spinta organizzativa grazie al presidente Charles de Gaulle, dopo il fiasco dei Giochi Olimpici di Roma nel 1960, e oggi si appresta a organizzare la terza Olimpiade. Ne abbiamo parlato con Jean-Philippe Leclaire, vice direttore de L’Equipe

Per capire quanto sia importante, davvero, lo sport per un Paese bisogna seguire i soldi. Sarà banale, sembrerà la solita battuta da giallo di seconda mano, ma i soldi ci restituiscono la concretezza delle promesse politiche, perché un conto è dire lo faremo, un altro finanziarlo. In questo ci aiuta, e non è la prima volta, l’Osservatorio sullo Sport System Italiano di Banca Ifis, forse il più importante produttore di report sul tema in Italia. Nel marzo di quest’anno ha pubblicato quello annuale del quale ci ha attirato il capitolo riguardante la spesa pubblica: Spesa pubblica e moltiplicatore di valore. Da questo si evince che la spesa pubblica italiana nello sport è cresciuta nell’ultimo decennio (2010-19) del 3% medio annuo, ma con un’incidenza più contenuta sulla spesa nazionale della media Ue.

La spesa pubblica italiana nello sport è di 4,7 miliardi di euro, l’8,2% di quanto stanziato dai ventotto Paesi dell’Unione europea, che incide lo 0,5 per cento sulla spesa pubblica nazionale e lo 0,3 sul PIL (dati 2019). La Gran Bretagna stanzia 4,1 miliardi, con un’incidenza sulla spesa pubblica nazionale dello 0,4 e sul PIL dello 0,2 per cento, con un meno 6% sul decennio. La Spagna 5,1 miliardi e rispettivamente 1%, 0,4% e meno 1,3%. La Germania 9 miliardi e rispettivamente 0,6%, 0,3% e più 1,3%. La media Ue è di 0,8%, 0,3% e più 1%. Banca Ifis sottolinea come i 4,7 miliardi di investimenti inneschino 41,8 miliardi di risorse impiegate dalle società core dello Sport System, generando ricavi per 95,9 miliardi di euro, solo in Italia; si può affermare che un milione di investimenti pubblici ne movimenta 20 nello Sport System.

Osservatorio sullo Sport System It…</p>					</div>
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Francesco Caremani
Aretino, giornalista, comunicatore in ordine sparso. Tutto è iniziato il 19 marzo del 1994 e un giorno finirà, ma non oggi. Il giornalismo come stile di vita, in un mestiere che ha perso lo stile per strada. Qui è direttore responsabile, ma solo per anzianità.