In termini di pensiero calcistico, una delle figure oggi più evocative è quella di un uomo che, in quella finale del 1992, c’era ed era il più giovane in campo. Ventun anni allora, numero 10 blaugrana (anzi, arancione, e non è un dettaglio) sulle spalle, coppa alzata al cielo di quell’Inghilterra nella quale oggi, che di primavere ne ha 51, allena al Manchester City. dove gli chiedono proprio di vincere quel trofeo. Ma chi era e chi è Josep Guardiola i Sala, nato a Santpedor nel gennaio 1971? Lo abbiamo chiesto a Carlo Pizzigoni, uno dei principali studiosi e conoscitori della filosofia del tecnico catalano, al quale peraltro ha nel 2021 ha dedicato il libro Pep Guardiola. Storia, aneddoti, metodologia, evoluzione tattica, scritto con Micaela Acevedo e Filippo Lorenzon. «Di lui ho una grande ammirazione, quello che dico può sembrare un’agiografia alla quale magari fare la tara», avverte. Ma in realtà non c’è agiografia quando si parla di idee.
Prima di parlare di Guardiola, Carlo, raccontiamo chi, quel giorno, gli ha messo la 10 sulle spalle: Johan Cruijff.
Cruijff a Barcellona non so se sia considerato una semidivinità o una divinità conclamata. Chi ha visto il docufilm sulla vita di Messi può notare, per esempio, come a un certo punto allo stesso tavolo ci siano Valdano e Cruijff: ecco, Valdano, che in tema di conoscenza calcistica non sta sotto a nessuno, sembra quasi intimorito, e questo racconta bene la sua personalità. Cruijff è riconosciuto come un genio del calcio e lo è stato nel vero senso della parola: il genio non ha metodo, è uno che non sa perché sa ma sa.
Cruijff convoca Guardiola in prima squadra nel 1989, lo fa debuttare nel 1990-91, lo rende titolare dall’anno successivo. Come nasce il loro rapporto?
Il rapporto con Guardiola nasce in un campo vuoto, in assenza: Pep giocava nell’Under 19 ed era aggregato al Barça B, un giorno Crujiff si presenta sul campo per dargli…