focus_2Monografia

«Serve una cultura dell’emergenza»

Il dottore Vincenzo Castelli, creatore insieme con i propri familiari della Fondazione Giorgio Castelli, intitolata al figlio morto per arresto cardiaco, ci ha aiutati a fare chiarezza su un tema delicato quanto discusso: la morte improvvisa dei calciatori

Vincenzo Castelli è un medico internista, attualmente in pensione dopo trentanove anni di lavoro in ospedale. Nel 2006 ha perso il figlio Giorgio per un arresto cardiaco e così ha dato vita all’omonima Fondazione per formare e informare su un tema delicato quanto fondamentale per la salute dei calciatori e degli atleti, sia professionisti che di base. La Fondazione Giorgio Castelli si occupa di sviluppare la cultura dell’emergenza, del primo soccorso, attraverso corsi di formazione e informazione sulla rianimazione cardiopolmonare e sull’utilizzo dei defibrillatori. In questi anni, attraverso tantissime iniziative, la Fondazione Giorgio Castelli ha addestrato sedicimila persone e dislocato sul territorio più di quattrocento defibrillatori. Un lavoro che li ha fatti conoscere sul territorio nazionale e che nel 2019 ha portato il presidente Sergio Mattarella a conferire alla Fondazione l’Ordine al merito della Repubblica Italiana, per la missione portata avanti in quasi due decenni di attività. Un ambito nel quale c’è ancora tanto lavoro da fare: «Io non sono un cardiologo – sottolinea Vincenzo Castelli – ma sono un medico, ho studiato e ho fatto tanta esperienza sul campo, per quanto riguarda la prevenzione e la gestione dell’arresto cardiaco». Quella che, con ignoranza, viene spesso definita la morte improvvisa dei calciatori. Atleti super allenati e, si spera, controllati per i quali un evento del genere sembra impossibile, per poi scoprire che impossibile non è e che tanti sono morti perché colpiti da un arresto cardiaco. Il dottore Vincenzo Castelli ci ha aiutati a fare chiarezza su un tema delicato quanto discusso.

La Fondazione Giorgio Castelli è nata nel 2006, cosa è cambiato da allora?
«Molto. All’inizio, con i nostri corsi, facevamo fatica a raggiungere un numero significativo di persone, oggi, per fortuna, la sensibilità della popolazione verso questi argomenti è cambiata, soprattutto nel mondo sportivo. Però non posso tacere che si sarebbe dovuto operare di più per fare conoscere all’opinione pubblica quali sono i metodi e i mezzi per salvare la vita a chi è colto da arresto cardiaco, magari campagne di Pubblicità Progresso e cose simili. Gli italiani, purtroppo, hanno scoperto l’arresto cardiaco con la morte di Piermario Morosini nel 2012, quando noi già da sei anni facevamo informazione e corsi sul tema. Il problema è che ancora adesso si dicono un sacco di inesattezze, perché non c’è stata una corretta comunicazione. Fondamentali in questo senso sono state le leggi Balduzzi del 

0750
Francesco Caremani
Aretino, giornalista, comunicatore in ordine sparso. Tutto è iniziato il 19 marzo del 1994 e un giorno finirà, ma non oggi. Il giornalismo come stile di vita, in un mestiere che ha perso lo stile per strada. Qui è direttore responsabile, ma solo per anzianità.