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La storica ipocrisia dello sport professionistico

Se i padri fondatori dell’Olimpismo moderno vedevano il male nel professionismo, ora il male è nella sua assenza

di Antonella Bellutti

Sport e professionismo condividono una lunga storia di ipocrisie, la cui origine coincide con la nascita stessa dello sport moderno. Il barone (sempre lui) De Coubertin, in seguito ai suoi studi, era fortemente convinto che la decadenza dello spirito olimpico dell’antica Grecia fosse dovuta alla corruzione, diffusa dal dilagare del professionismo. Irremovibile fu dunque nel decidere che il progetto per i Giochi dell’era moderna dovesse necessariamente escludere atleti che ricevessero compensi in denaro per le proprie prestazioni o che si sottoponessero ad allenamenti e tecniche per il miglioramento dei risultati; conclusione incoraggiata e sostenuta convintamente anche dagli esponenti del puritanesimo anglosassone che accostava, senza esitazioni, il professionista al peccatore.