Un anno fa il centrocampista della Nazionale belga e del Manchester City, Kevin De Bruyne, rinnovava il suo contratto con i Citizens accompagnato esclusivamente dal suo avvocato e dal padre, ma senza la consulenza di un agente o intermediario, figura questa che con la nuova riforma della Fifa andrà, fortunatamente, a scomparire. De Bruyne, infatti, si è avvalso, tra le altre, di una società di data analyst, Analytics FC, per dimostrare ai dirigenti del club come l’impatto del suo modo di stare in campo potesse essere influente e benefico nel lungo periodo per il gioco della squadra e per le vittorie sul campo, assicurandosi inoltre che i progetti della società, di continuare a competere con le formazioni più forti del calcio europeo, coincidessero con i propri.
Il risultato? Kevin De Bruyne ha ottenuto il prolungamento del contratto fino al 2025, quando avrà trentaquattro anni, 82,3 milioni di sterline per quattro stagioni, circa 50mila sterline in più a settimana, secondo il Times di Londra, rispetto al contratto precedente. Un risultato e un accordo che hanno fatto storia e che hanno fatto pensare a un cambiamento radicale nei rapporti tra calciatori e società e tra i primi e gli agenti, i cui interessi collidono più spesso di quanto si possa pensare.
I big data fanno, oramai da anni, parte della nostra vita, non solo quella sportiva, con un background di almeno tre decenni, e la loro interpretazione diventa fondamentale per comprendere la realtà nella quale viviamo. Nello sport i numeri sono sempre stati importanti, con una particolarità: mentre hanno sempre avuto un ruolo in quasi tutte le discipline sportive, il calcio è riuscito per molto tempo a farne a meno, anzi a snobbarli, fino a che lo studio prima e la realtà dopo hanno dimostrato la loro importanza. Nel…