Monografia

Il gender gap nello sport

L’Italia è uno dei Paesi dell’Unione europea più arretrati, nonostante i passi in avanti degli ultimi anni. Sono ancora poche, in percentuale, le donne con compiti di leadership nello sport italiano e in quello europeo; diverso il caso degli Stati Uniti. Una questione culturale prima che numerica che coinvolge anche il ruolo dei media e la questione della diversity. Ma dove non arriva la cultura arriva il capitalismo: lo sport femminile nel mondo sta crescendo costantemente e questa crescita economica, secondo vari studi, rappresenterebbe l’anticamera della gender equality

Il gender gap nello sport è un dato inequivocabile. Una differenza che certifica un’arretratezza culturale e sportiva. Un esempio? Antonella Granata, la scorsa primavera, è stata eletta presidentessa della Figs, Federazione italiana giuoco squash, prima donna a ricoprire la più alta carica federale in Italia. Un risultato raggiunto solamente nel 2021, mentre il mondo si sta interrogando sulla gender equality, che secondo gli studi di settore, nel lavoro, sarà raggiunta solamente nel 2171, invece che nel 2120, uno slittamento che sarebbe colpa dei due anni di pandemia, relegando le donne ai lavori di cura invece che a progredire nelle professioni; assurdo quanto inaccettabile. Tornando allo sport, nemmeno i dati europei confortano, soprattutto quelli della Ue e sono pochi i Paesi nel mondo in cui l’empowerment sportivo femminile si è affermato. Uno di questi sono sicuramente gli Stati Uniti, dove, per esempio, alla guida della NWSL, il campionato di calcio femminile, Jessica Berman ha preso il posto di Lisa Baird, una donna per una donna; il fatto clamoroso, semmai, è che la Baird si sia dovuta dimettere a causa del suo mancato intervento nell’affrontare le denunce riguardanti gli abusi sessuali dell’ex allenatore Paul Riley, altro tema enorme che investe lo sport mondiale, femminile e maschile.