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(S)quarto potere

Nel 2019 Exor acquistò da Cir il gruppo editoriale Gedi, allora una potenza del giornalismo. In pochi anni ne ha stravolto l'identità a forza di dismissioni

Per chi se lo fosse mai chiesto, Gedi è la crasi di Gruppo Editoriale, e Gedi Gruppo Editoriale, dal 2017, è la denominazione sociale, per capirci e senza andare troppo in fondo rispetto ad acquisizioni, cessioni e fusioni, di ciò che era prima il Gruppo Editoriale l’Espresso. Nel 2017 Gedi era il primo editore di quotidiani in Italia, con La Repubblica, La Stampa e 13 testate locali, diversi periodici tra cui L’Espresso, era leader per audience nell’informazione digitale, nonché uno dei principali gruppi nel settore radiofonico, con tre emittenti nazionali, tra cui Radio Capital e Radio Deejay. La proprietà è di Cir, Compagnie Industriali Riunite, la holding di Carlo De Benedetti. Il 2 dicembre 2019 Gedi passa da Cir a Exor, la holding di John Elkann. Questa è, a grandi linee, la storia di un’acquisizione che ha portato a una dismissione sostanziale di gran parte dei quotidiani e delle riviste a stampa del gruppo, e di conseguenza ai problemi di molti di essi. Una dismissione, peraltro, iniziata già prima, perché Exor, prima del 2016, faceva anche parte dell’azionariato di Rcs Media Group, la cui maggioranza è stata acquisita poi da Urbano Cairo.

Ora, nel Novecento la stampa è stata considerata il quarto potere, e non v’è dubbio che, in particolari luoghi e tempi, lo sia stato eccome. Allo stesso modo, sino a alcuni anni fa – e lo dimostra la storia dell’editoria non pura in Italia – anche da noi i giornali hanno avuto un impatto rilevante nella storia democratica e sociale, ma così pure in quella industriale, perché diversi gruppi industriali e finanziari hanno avuto in pancia uno o più giornali, utili ai loro interessi, che rappresentavano sostanzialmente uno strumento di pressione anche se, dal punto di vista economico, erano voci in perdita, ma servivano per mettere una bandierina. Si tratta del capitalismo di relazione: De Benedetti, Berlusconi, Agnelli, Angelucci, Caltagirone, addirittura Confindustria – anche a livello locale: a Parma, per esempio, l’Upi, Unione Parmense Industriali, è l’editore del gruppo della Gazzetta di Parma, comprensivo di radio e tv – e c’è poco da stupirsi.

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Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.