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Goalkeepers nickname per nickname

I soprannomi dei portieri stranieri che più di altri hanno colpito l’immaginario collettivo

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di Nicola Calzaretta

A grande richiesta ecco la (non prevista) seconda puntata dedicata ai soprannomi dei nostri amati portieri. Stavolta in scena ci sono i numeri uno stranieri. Golier, gardien, keeper, arquero. Sono loro i protagonisti di questo affascinante gioco di rimbalzi e similitudini, talvolta figlie del caso, altre volte ragionate e pensate, sempre ricche di fascino ed eterne. A dare sostanza alla rassegna di queste particolari figurine è ancora una volta il libro a firma di Furio Zara e del sottoscritto: L’Abatino, il Pupone e altri fenomeni, il dizionario pubblicato nel 2014 per i tipi della Rizzoli. Quindi, esaurito l’effetto onda-lunga di Sanremo, partiamo per questo nuovo viaggio. E iniziamo anche stavolta con il RAGNO NERO, al secolo Lev Ivanovic Jascin, primo e unico portiere ad aver vinto il Pallone d’Oro, nel 1963. Star della Dinamo Mosca e della Nazionale sovietica, la CCCP, per intenderci, oro olimpico a Melbourne nel 1956 e campione d’Europa nel 1960. Ragno Nero per la divisa all black, anche se – incredibile – la maglia non era nera, ma di colore blu scuro, come ha svelato la moglie Valentina. E comunque perché, come i ragni, pareva tessere una ragnatela ipnotica che paralizzava gli attaccanti, specie quando si trovavano sul dischetto. La leggenda narra di oltre 100 rigori parati. Tra le vittime Sandro Mazzola e il portoghese Eusébio. Ha chiuso la carriera a quarant’anni suonati.

ARAÑA NEGRA Il Ragno Nero prima di Jascin è Jaguaré, detto anche El Jaguar (Il Giaguaro), portiere brasiliano degli anni ’30 anche nel Barcellona, dove giocò solo una decina di amichevoli perché il regolamento vietava il tesseramento a chi era sprovvisto di cittadinanza spagnola. Fu il primo portiere sudamericano a usare i guanti e aveva il vezzo di giocare con un berretto bianco da marinaio.

BALU Versione tedesca di Baloo, l’orso del Libro della Giungla. Cosi veniva chiamato il portiere del Bayern Raimond Aumann, dodici anni a Monaco dall’82 al ’94.

BANKS OF ENGLAND Gioco di parole che sottolinea la grande fiducia che gli inglesi (tifosi e compagni di squadra) riponevano in uno dei più grandi portieri made in England: Gordon Banks, maglia gialla, mani nude e senza guanti, carisma da vendere, nel decennio dai ’60 ai ’70 e stato, con Lev Jascin, il miglior portiere del pianeta. Campione del mondo nel 1966, e autore di quella che è stata definita la parata del secolo. Capitò ai Mondiali di Messico ’70: cross di Jairzinho, Pelé stacca di testa e rimane sospeso un tempo eterno, poi schiaccia il pallone, che prende una traiettoria violenta e definitiva. Banks vola e con un’acrobazia da poster devia il tiro. «In quel momento l’ho odiato. È stata la più grande parata che abbia mai visto»: cosi disse Pelé, e non se ne diede mai pace. Per la cronaca Banks quel giorno era vestito di azzurro, il canonico giallo avrebbe fatto a cazzotti con la divisa brasiliana.

Furio Zara

DIVINO Ricardo Zamora, leggenda anni ’20 e ’30. Più famoso e più attraente della Garbo (La Divina). Il miglior portiere della storia del calcio? Forse. In ogni caso: un mito. Giocava con una coppola calata in testa. Si narra ipnotizzasse gli avversari.

EL FANTASMA DE ZAMORA Nel calcio i paragoni sono spontanei, fili invisibili che uniscono memoria e presente: così, in Spagna, quando si parla del portiere campeón del mundo 2010 Iker Casillas – una vita al Real – ci si riferisce a lui come a “El fantasma de Zamora”, il Divino.

RONDINE BOEMA František Plánicka, portiere ceco, quando ancora la Cecoslovacchia c’era e faceva paura. Con Ricardo Zamora e Giampiero Combi, condivide il podio dei migliori portieri continentali degli anni ’30. Le foto dell’epoca lo ritraggono con un maglione bianco a collo alto e il grande stemma della Cecoslovacchia cucito sul davanti. Chiari anche i pantaloncini e i calzettoni, nel mezzo le ginocchiere. E il capello: ondulato e ben pettinato all’indietro.

PANTERA DI HÜTTELDORF Soprannome dell’austriaco Michael Konsel, numero 1 di Roma e Venezia alla fine degli anni ’90, nonché amico di Niki Lauda. Faccia da attore di fotoromanzo, complice il capello precocemente metallizzato.

PACKIE Patrick, quindi Packie o Pat, Joseph Bonner, portiere irlandese, 642 presenze con il Celtic dal ’78 al ’98: un mito.

PINOCHO Marcelo Alberto Barovero dal 2012 portiere del River Plate appena tornato in A dopo un anno di “penitenza” in Primera B. Il naso “importante” ha suggerito il parallelo con il burattino più famoso del mondo.

EL MONO German Adrian Ramon Burgos vola da un palo all’altro, come una scimmia. È un portiere (Argentina anni ’90), fa parte dell’agiografia del ruolo.

CALAMITY JAMES Lo sciagurato David James, portiere nel giro della Nazionale inglese dal 1997 al 2010, troppe volte colpevole di aver subito gol evitabili e, perciò, cosi ribattezzato dai tabloid. L’assonanza, ovviamente, e con Calamity Jane, leggendaria pistolera del West. Una volta Calamity (James, non Jane) si è prestato a un gioco da circo: un cannone spara palloni e lui in porta, perlopiù bendato. Tipico caso di portiere sopraffatto dal suo soprannome.

CHIQUI CAMPOS Uno dei portieri più piccoli del mondo è stato il messicano Jorge Campos, 173 centimetri raggiunti a fatica, 129 volte tra i pali della Nazionale dal 1991 al 2004, noto per le divise sgargianti. Curiosità: ha giocato anche da attaccante. Joseph Blatter nel 1994 gli disse: «Ragazzo, devi scegliere: o portiere o centravanti». E lui scelse la porta. Ma non bastò. Blatter nel 1998 gli disse: «Ragazzo, devi scegliere: o il surf o il calcio». E lui smise di disegnare le sue divise.

PADELLA Il portiere inglese Frank Swift, per la spropositata grandezza delle mani. Nelle foto d’epoca (siamo negli anni ’30) l’impressione e quella di un fotomontaggio. Gloria del Manchester City, divenne poi giornalista per il News of the World e mori nel disastro aereo di Monaco di Baviera (1958), viaggiando sullo stesso volo del Manchester United.

CHIQUITO Non era alto, ma era un fenomeno. Ladislao Mazurkiewicz, detto anche Mazurka, miglior portiere uruguaiano di tutti i tempi, ha difeso la porta della Celeste ai Mondiali del ’66, del ’70 e del ’74. Nel ’71, al termine della partita d’addio del collega russo Lev Jascin, quest’ultimo lo designò suo successore e gli regalò i guanti. È l’attore non protagonista vittima della più bella finta del mondo, a opera di Pelé nel mondiale messicano del 1970.

BALLERINA Per le movenze frenetiche. Il portiere Vladimir Beara, che ha difeso la porta della Jugoslavia negli anni ’50.

ZETTI Sei di origini italiane. Ti chiami Armelino Donizetti Quagliato. Nasci in Brasile, giochi in porta. I tuoi compagni devono trovarti uno pseudonimo. Ecco quindi Zetti. Sedici partite con la Seleçao dal ’93 al ’97. Era la riserva di Taffarel al Mondiale vinto nel ’94 in Usa.

EL DRAGÓN Santiago Cañizares, portiere spagnolo con le mèches, cresciuto in casa Real negli anni ’90 e poi accasatosi al Valencia. È lui il Dragone.

WUNDERTORWART Maglione di lana a collo alto e coppola con ampia visiera: è Rudolf Hiden, il “Meraviglioso Portiere” del Wunderteam austriaco che dominò nei primi anni ’30. Dopo l’annessione alla Germania Hiden si trasferì in Francia, prese la cittadinanza francese e giocò anche una partita con i Bleus. Da allenatore, fece tappa a Salerno a metà degli anni ’60.

EL CINCO COPAS Il memorabile Antonio Félix Carbajal, portiere messicano che ha partecipato a cinque Mondiali, dal 1950 al ’66. Non usava guanti, parava a mani nude. Detto anche EL TOTA, perché da piccolo pronunciava così il suo nome.

TARZAN L’argentino Amadeo Carrizo difese la porta del River Plate dal 1945 al 1968. Arquero spettacolare, idolo delle folle, giocava con un cappello a quadri e senza guanti. Gli fu dedicato un tango, intitolato proprio Tarzan.

EL CHOPO José Ángel Iribar Kortajarena noto come Iribar, dopo Zamora e prima di Casillas, tra i più grandi portieri della Spagna. Bandiera dell’Athletic Bilbao dal 1962 al 1980, con le Furie Rosse ha vinto l’Europeo del 1964. Chopo è l’albero dai lunghi rami.

TERREMOTO I portieri incutono terrore. Spesso agli avversari, talvolta ai propri tifosi. Come l’argentino Sebastián Cejas, che da noi (anni 2000) non ebbe gloria con la Fiorentina. In patria era soprannominato Terremoto. C’erano validi motivi, fidatevi.

DER TITAN Oliver Kahn, portiere di Bayern Monaco e Germania (84 presenze tra il 1994 e il 2006), tra i migliori al mondo della sua generazione. Titan, Titano; ma è anche conosciuto come Gengis Khan.

CLEM Diminutivo di Ray Clemence, storico portiere del Liverpool nei ’70 e dell’Inghilterra, in alternanza con Peter Shilton. Grande naso, capelli alla Silvan e due sole maglie, immutabili: verde con il club, gialla con la Nazionale.

GOLEIRO VOADOR Significa “portiere volante”. Il primo della storia del calcio è stato Moacyr Barbosa Nascimento. Capro espiatorio di una sconfitta che divenne dramma nazionale, Barbosa difendeva la porta del Brasile nel Mondiale del 1950, quando, tra la sorpresa generale, l’Uruguay vinse di rimonta l’ultima partita – cha valeva come una finale contro i verdeoro al Maracanã e si aggiudicò la coppa. La sconfitta, epocale, viene ricordata come O Maracanaço, il disastro del Maracanã. Il giornalista e scrittore Darwin Pastorin lo ha omaggiato con un libro: L’ultima parata di Moacyr Barbosa, dedicato a tutti coloro che, nel calcio o fuori, hanno pagato una vita intera per un solo, misero errore.

BAGHEERA LA PANTERA Il portiere brasiliano Dida quando giocava (e parava) ai tempi del Milan, nel primo decennio del 2000. Dida stesso è lo pseudonimo di Nelson de Jesus Silva.

PATO Significa Anatra, Papero. Così il portiere argentino campione del mondo nel 1978, Ubaldo Matildo Fillol, per via dei piedi a papera. Stesso trattamento e stesso soprannome anche per il suo collega Roberto Abbondanzieri negli anni 2000: Pato pure lui, sia per la caratteristica dei piedi sia per la somiglianza con il suo predecessore.

FATTY FOULKE Il Grassone è Willie Foulke, portiere oversize di Sheffield e Chelsea che, narrano le cronache di quei primi anni del Novecento, fu capace di spezzare – semplicemente appendendovisi – la traversa di una porta. Pesava 150 chili, allegramente distribuiti su 193 centimetri. Le fotografie dell’epoca, va detto, fanno impressione. La leggenda narra che fu lui a “inventare” i raccattapalle. 

EL LOCO Si sa, i portieri sono matti per definizione. Il più loco di tutti è stato Hugo Orlando Gatti. Capello da frontman dei Rolling Stones, bandana colorata, divise sgargianti e numero 1 gigantesco, calzettoni alla cacaiola, provocatore per Dna, piacione, uno dei primissimi a giocare con il nome sulla maglia (per distinguersi se lo fece stampare sul davanti), acrobata quel tanto che basta per guadagnarsi l’ammirazione di un intero popolo. Classe ’44, Gatti ha giocato con River Plate e Boca Juniors, suo il record di presenze nella Primera argentina: 755. Nel 1980 incrociò un giovanissimo Diego Armando Maradona e lo schernì: «Sei un barilotto, non mi segnerai mai». Maradona gliene fece 4.

GIRAFA Se sei alto e dinoccolato, ti battezzano Girafa: così il portiere brasiliano Gilmar dos Santos Neves, uno dei migliori interpreti del ruolo negli anni ’50 e ’60. In Brasile, a quei tempi, in porta ci finiva il più scarso di tutti: era una condanna, un esilio dalle gioie della vita. Per lui significò due titoli mondiali consecutivi.

WUNDERKIND Il “Bambino delle Meraviglie” è il tedesco Bodo Illgner, portiere perché quando esordì in prima squadra nel Colonia – a soli diciotto anni – tutti pensarono di trovarsi davanti al più forte numero 1 della Germania di tutti i tempi. Non era vero, ma la sua carriera resta di tutto rispetto: ha vinto il Mondiale ’90, e ti pare poco?

UOMO DALLE NOVE DITA Károly Zsák, portiere dell’Ungheria negli anni ’30 e ’40. Gli era stato amputato il mignolo della mano destra dopo un incidente di gioco.

TIGRE Per i balzi prodigiosi e i riflessi straordinari, così Aleksej Chomic, portiere della Dinamo Mosca (anni ’40-50) che costrinse i dirigenti del club russo a spostare il giovane Jascin, futuro Ragno Nero, nella squadra di hockey. A fine carriera divenne fotografo sportivo di un certo successo.

GOLEIRO DE DEUS Il Portiere di Dio è João Leite, portiere brasiliano dell’Atlético Mineiro dal ’76 all’88, che si convertì alla fede dopo un infortunio al dito. Più tardi divenne un testimonial degli Atleti di Cristo, facendo molti proseliti nel mondo. Regalava Bibbie ai centravanti avversari, per non farli cadere in tentazione.

NEMBO KID Poi è chiaro che ai portieri toccano certi soprannomi. Vedi Andreas Köpke, tedesco di Germania, che ha difeso a fasi alterne la porta della Nazionale dal ’90 al ’98.

BENZINAIO Anni ’80, il portiere belga Michel Preud’homme giocava con una maglia gialla e blu, gli stessi colori dell’Agip. Vladimiro Caminiti, che non amava le divise sgargianti, non si lasciò sfuggire l’analogia.

GATO DEL MARACANÃ La “t” è una sola, alla spagnola. Il portiere Antoni Ramallets al Mondiale brasiliano del 1950 fece i miracoli prima contro l’Inghilterra e poi contro i padroni di casa. Eppure: Brasile-Spagna 6-1. Qualcosa non torna.

TONI Nome di battesimo: Harald. Anton è il secondo nome. Diventa Toni per via di un omonimo portiere del Colonia, la squadra in cui si mette in luce negli anni ’70. Toni Schumacher, riccioli a cascata, baffo assassino, portiere della Germania nelle due finali mondiali perse (1982 e 1986). Spericolato, spregiudicato, cattivo. Ne sa qualcosa Patrick Battiston, abbattuto nella semifinale in Spagna. Il francese è esanime a terra (lo porteranno fuori in barella dopo alcuni minuti) e lui che se ne infischia, pronto a rimettere il pallone dal fondo. 

ARNOLD Al secolo Bogdan Stelea, portiere della Romania in tre Mondiali e due Europei dal 1990 al 2000. Arnold sta per Schwarzenegger, per il fisicaccio da culturista.

KATZE Il Gatto. Josef Maier, detto Sepp, portiere felino campione del mondo con la Germania nel 1974, tra i migliori della sua generazione.

TABACCAIO Jan Jongbloed, portiere dell’Olanda vicecampione del mondo nel ’74 e nel ’78, beveva litri di birra, fumava quando gli pareva, era dichiaratamente comunista, passava mattinate intere a pescare sulle rive dei fiumi e tra una parata e l’altra lavorava in una curiosa bottega, un sigarenwinkel annex hengelsportzaak, ovvero una tabaccheria con annesso negozio di articoli da pesca, di Amsterdam, quartiere di Bellamybuurt, all’angolo tra Douwes Dekkerstraat e Jan Hanzenstraat. Ma la vera trasgressione era giocare con una maglia gialla numero 8.

THE GREAT DANE E qui si arriva al non plus ultra. Il nickname di ritorno. Seguiteci: in Inghilterra dal 1960 viene trasmessa Coronation Street, una soap opera prodotta e ambientata a Manchester, nota anche come Corrie o The Street. Uno dei protagonisti, Chesney Brown, un ragazzino dai capelli rossi, un giorno decide di chiamare il suo alano (The Great Dane, per l’appunto) Schmeichel, ispirandosi al portierone danese di padre polacco, un energumeno dalle mani enormi e lo sguardo ferocemente gentile, di nome Peter. Per osmosi, l’eroe pluridecorato del Manchester United e della Danimarca (con cui vince l’Europeo del ’92), più volte proclamato miglior portiere del mondo, non può che diventare a sua volta The Great Dane. Applausi.


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