Foto di copertina by JanDyrda, feat. Pixabay
Raccontare la Cina da lontano è sempre difficile e complicato. Lo è perché scontiamo narrazioni a tratti distopiche a tratti piene di pregiudizi su un Paese con una cultura millenaria che negli ultimi trent’anni è cresciuto molto, soprattutto dal punto di vista economico e che, quando sembrava pronto ad aprirsi al mondo, improvvisamente si è richiuso a riccio, affrontando un rallentamento importante nell’economia e mettendo in difficoltà quella digitale, con tutta una serie di restrizioni che hanno lasciato sorpresi molti analisti. Nel calcio, in particolare, sembrava che prim’ancora dei Paesi del Golfo e degli Stati Uniti, la Cina avesse preso l’abbrivio per diventare il nuovo hub globale, dagli investimenti in quello europeo a quelli nel movimento interno con una crescita di attenzione prim’ancora che tecnica, con una narrazione che ha gonfiato a dismisura le aspettative, quasi tutte disattese; anche se c’è da fare una distinzione tra calcio maschile e quello femminile, almeno in termini di affermazioni internazionali.
La Cina è al secondo posto, dietro gli Stati Uniti, per quanto riguarda l’indice di competitività olimpica: a Parigi è arrivata seconda nel medagliere con 91 podi, dietro la squadra a stelle e strisce; terza nel medagliere storico che comprende Giochi estivi e invernali, dietro Stati Uniti e l’ex Urss. Numeri che raccontano un Paese sportivamente all’avanguardia, il quale negli ultimi quarant’anni ha fatto un salto quantico in molte discipline – dal nuoto ai tuffi, per esempio –, non senza dubbi e accuse, più o meno velate, di doping. In questo secolo ha organizzato a Pechino sia i Giochi estivi, 2008, che quelli invernali, 2022, con risultati diversi dal punto di vista organizzativo: positivi per l’edizione estiva, estremamente critici per quella invernale. Dimostrazione di un potere politico e sportivo, nonché po…