La storia che riguarda lo stadio di San Siro e la sua futura, possibile, destinazione sembra il gioco dell’oca, nel quale se sbagli riparti dal via e di sbagli intorno a questa vicenda ne sono stati fatti parecchi, sicuramente di prospettiva: sportiva, urbanistica, sociale, economica e politica. L’idea di ristrutturare il Meazza inizia a farsi strada circa dieci anni fa, nel 2015, di fronte alla consapevolezza che l’impianto non risponde più a determinati standard richiesti dall’Uefa, dalla copertura al secondo anello, dimostrando le criticità di uno stadio inaugurato il 19 settembre del 1926 e ristrutturato quattro volte: 1937-39, 1954-55, 1987-90 e 2015-16.
Inizialmente si pensa che il futuro di San Siro possa essere quello di una “sports entertainment arena”, con negozi, ristoranti e aree esclusive, ma il Milan, per primo, decide di smarcarsi e fare uno stadio nuovo nell’area Portello, presso la sede della Fondazione Fiera Milano, mentre l’Inter punta sulla ristrutturazione dell’esistente: decisione che porta a galla i vincoli architettonici e strutturali del secondo anello e, quindi, i costi elevati per l’adeguamento alle normative Uefa.
Nel 2019 Inter e Milan decidono di presentare un progetto congiunto, per un nuovo impianto, capace di sostituire o affiancare l’esistente. Un cambio di rotta che prevede spazi commerciali, culturali, di intrattenimento, insieme con la riqualificazione di una vasta zona intorno allo stadio con l’utilizzo di materiali ecologici, di sistemi di risparmio energetico e la possibilità di smantellare parte delle strutture in futuro: in Qatar questa prospettiva è finita in farsa.
Due grandi studi hanno presentato due…