Tackle

L’ultima volta in nero

Cinquanta anni fa: la stagione 1974-75 è stata quella con ancora i portieri vestiti tutti in black, prima che fosse vietato per legge

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Le immagini sono state pubblicate per gentile concessione della Panini a Nicola Calzaretta

di Nicola Calzaretta

Forse non tutti sanno che. È il titolo di una delle rubriche più indovinate della inimitabile Settimana Enigmistica. Notizie, spigolature, curiosità. Non della serie “mai più senza”, quanto un divertissement leggero, senza eccessive pretese. Lo prendiamo a prestito qui perché “forse non tutti sanno che” il campionato di calcio in partenza cinquanta anni fa, edizione 1974-75, è l’ultimo che ha visto i nostri portieri potersi vestire di nero. Nessuno ancora lo sapeva, il divieto sarebbe giunto per legge un anno dopo. Sta di fatto che quella stagione che prendeva il via dopo le tenebre azzurre di Monaco ’74 e con lo scudetto tricolore sulle irrequiete maglie della Lazio, avrebbe dato l’addio a una tradizione che durava da decenni.

Ma andiamo con ordine e soprattutto, partiamo dalle norme: articolo 4 del Regolamento del Gioco del calcio, l’equipaggiamento del giocatore. Il dress code pallonaro attualmente in vigore prevede l’obbligo di presentarsi per la partita con i “seguenti e separati indumenti”: maglia con maniche, calzoncini, calzettoni, parastinchi e scarpe. Ai portieri con i gomiti al vento, quindi ontologicamente freddolosi solo dalla cintola in giù, è consentito l’uso dei pantaloni della tuta. Il secondo punto affronta i risvolti cromatici dell’abbigliamento. La regola base è che le due squadre debbano indossare colori che le distinguano una dall’altra e dagli ufficiali di gara (elementare Watson). A seguire si dispone che “ciascun portiere deve indossare colori che lo distinguano dagli altri calciatori e dagli ufficiali di gara”. Il legislatore, poi, immaginando penurie di forniture tecniche e inguaribili deficit del campo visivo di magazzinieri daltonici, tranquillizza tutti prevedendo che “Se le maglie dei due portieri dovessero essere dello stesso colore e nessuno di loro avesse un’altra maglia, l’arbitro consentirà che la gara venga giocata” (per la salvaguardia dei palinsesti e delle inserzioni pubblicitarie). Infine c’è la regola di chiusura, quella che sta al passo con i tempi di assoluta dominazione delle maniche corte, obbrobrio delle genti, specie quelle deputate alla guardia della porta: “Le sottomaglie devono essere monocolore, lo stesso del colore principale delle maniche della maglia”.

Bene. Queste le regole moderne in tema di equipaggiamento. Che, tuttavia, poggiano il loro fondamento sulle basi della tradizione, quella che da oltre un secolo prevede caratteristiche specifiche per l’abbigliamento del portiere, stante la singolarità del suo ruolo. Una divisa diversa dagli altri, per una riconoscibilità erga omnes. Una maglia che in Inghilterra fu subito dipinta di verde per tutti (niente stress, siamo inglesi), mentre in Italia, spesso e volentieri, ha avuto la colorazione del nero. Non che dalle nostre parti fosse un obbligo. Di numeri uno variopinti tra l’altro ne avevamo – Albertosi docet, così come i gardien di Bologna e Fiorentina – ma quella era la tendenza che ha caratterizzato il ruolo per un lunghissimo periodo e che finiva per predominare sul resto dell’uniforme, espandendosi anche a pantaloncini e calzettoni. Le uniche concessioni cromatiche erano riservate a colletto e polsini, dove risaltavano i colori sociali; al numero bianco sulle spalle; agli scudetti e coccarde tricolori per i vincitori della stagione precedente. Il giallo delle stelle era concesso solo a Juve e Inter, il Milan ci arrivò solo nel 1979. Pochi gli stemmi societari cuciti sul davanti (il brand, questo sconosciuto). Di sponsor, manco a parlarne.

Il completo nero. Un outfit che è stato il segnale distintivo di chi difendeva la porta e che, diciamocela tutta, sprigionava un fascino irresistibile. Una divisa che, in certi casi, ha suggerito la creazione di soprannomi ad hoc. Come Ragno Nero, al secolo Lev Jascin, il mitico numero uno dell’Unione Sovietica degli anni ’60, primo ed unico portiere a conquistare il Pallone d’Oro della storia. Il suo all black – spezzato soltanto dal CCCP ricamato in bianco sul petto, ha contribuito a rendere ancora più leggendaria la sua carriera. Per dovere di cronaca, anche noi abbiamo avuto il nostro Ragno Nero. Trattasi del milanista Fabio Cudicini, l’eroe di Glasgow e poi di Manchester, nero pece da capo a piedi nella fantastica cavalcata in Coppa dei Campioni, annata 1968-69. 

Forse non tutti sanno che. Ritorniamo a bomba. La curiosità da svelare nella rubrica della Settimana Enigmistica è messa giù come una sorta di didascalia all’immagine (un disegno) sovrastante che ne rappresenta l’essenza. Un’impaginazione semplice, quanto efficace. Un assist delizioso per noi innamorati del pallone modello Telstar, cresciuti a Duplo garantiti da Sandro Mazzola e con le figurine Panini come compagne di sogni ed emozioni. E allora, andiamo ad aprire la collezione dei Calciatori 1974-75, ultima annata di concessioni al nero per i nostri amati portieri. I giocatori sono ritratti a figura intera, come già accaduto alcuni anni prima. Dal ciuffo dei capelli, alle scarpette (nere anche queste, per il fluo sarebbero occorsi decenni), nel mezzo ci sono loro, in perfetta uniforme, qualcuno pettinato a dovere e con la barba fatta, altri che guardano lontano. Lo sfondo per molti prevede il pubblico dietro, altri alle spalle hanno la cornice del verde dei ritiri estivi.

Ivano Bordon Serie A 1974-75

Dal mazzo delle figurine compaiono i volti di nomi famosi, tutti di nero vestiti, che ci raccontano molto delle di quelle divise e delle loro caratteristiche, soprattutto particolari e piccole differenze. Perché non ce ne è una uguale all’altra. Volete la prova? Adiamo a sfogliare l’album. Il primo che calamita la nostra attenzione è Ivano Bordon, 24 anni, promosso primo portiere dell’Inter, suo vice il grande Lido Vieri, classe 1939. Completo nero, zazzera castana sulla fronte. Il braccio destro è lungo e disteso; la mano stringe l’immancabile cappellino. Il total black dell’uniforme è arricchito dall’azzurro del colletto e dei polsini. Anche la banda superiore dei calzettoni richiama i colori sociali. Ma c’è di più: a spezzare la uniformità della monocromia ecco il timido bagliore della stella gialla sul petto, ma soprattutto il numero 1 cucito sui pantaloncini, griffati Atala Sport. Il tutto al bordo del campo, sotto gli occhi di centinaia di spettatori.

Felice Pulici Serie A 1974-75

Poche pagine dopo ed ecco la Lazio di Giorgio Chinaglia e del carneade Franco Cremaschini. In porta c’è il compianto Felice Pulici con la sua maglietta su cui spicca il tricolore. A ben vedere alle sue spalle in lontananza, c’è un uomo seduto. Mani sui fianchi e calzoncini color pece. Ma sono i calzettoni bianchissimi a bucare lo schermo, gli stessi che indossano i suoi compagni. Se ne è andato alcuni anni fa Pulici, che portava pure il nome del nonno, Mosè. In una delle sue ultime interviste ha ricordato proprio la sua maglia nera, quella con cui giocò la partita scudetto contro il Foggia, e che tenne con sé a fine gara: “L’ho portata a Paola, mia moglie. È l’unica divisa che ho conservato, ha ancora i segni della calce sulla spalla. Per un bel po’ di tempo sparì da casa. È riapparsa qualche anno fa, quando è morto mio suocero che abitava con noi. Era tra le sue cose più care”.

Paolo Conti Serie A 1974-75

Paolo Conti. Adesso è il turno del numero uno della Roma, nato a Riccione il primo aprile del 1950. Portiere in ascesa, rivelazione della precedente stagione, quella del’esordio in A con i giallorossi. Di lui colpiscono i baffoni e la testa ampiamente ricciuta, in perfetto italian style anni ’70. Anche lui gioca in nero, ma sotto sotto ama l’arancione. La divisa da portiere della Roma ha tratti di assoluta poesia, con i continui richiami ai colori sociali: dai calzettoni ai bordi delle maniche per finire alla elegantissima cerchiatura paricollo. Paolo Conti, solo omonimo di Bruno, guarda verso il fotografo, dritto in camera, ritto davanti la sua porta in una domenica grigiognola e umida. La curva trabocca di gente, la pista d’atletica fa capolino alle sue spalle, dietro le maglie della rete. Ai suoi piedi, la classica segatura. Le mani protette da guanti artigianali.

Si continua a sfogliare. Altri portieri neri. Compare Massimo Cacciatori della Sampdoria, ampio colletto blu e stemma sociale sul petto, caso unico in quegli anni. Impressiona la cravatta biancorossa di Leopoldo Fabris, numero uno del neopromosso Varese. Fa sorridere il pedalino bianco e il pantaloncino azzurro di Marcello Grassi, estremo difensore dell’Ascoli alla prima stagione in A.

Dino Zoff Serie A 1974-75

E poi si arriva al mito. Dino Zoff, un all black da brividi. Villar Perosa, tutti in posa. Dietro di lui in lontananza, in attesa del click c’è Oscar Damiani, uno dei due nuovi acquisti, l’altro è Gaetano Scirea. Zoff indossa la sua usuale armatura. “Per me la divisa vera del portiere è nera, con le maniche lunghe”. Definitivo ed essenziale. Pochissime le concessioni cromatiche. Il giallo pallido della stella dei dieci scudetti e la linea bianca girocollo, oltre alle due spennellate candide sui calzettoni, giusto sotto il ginocchio. Mani senza guanti, le braccia ad arco. Poi ti accorgi che sui pantaloncini compare il logo della Atala Sport, il fornitore di abbigliamento sportivo di tante squadre in quegli anni, comprese le scarpette che indossa. Zoff e il suo nero, quello del record di imbattibilità di 903 minuti nel 1972-73 che lo portò a sfiorare il Pallone d’Oro.

Antonio Pigino Serie A 1974-75

E poi… e poi, figurina dopo figurina, ecco fare capolino loro. I dodicesimi. Le loro maglie si intravedono, nascoste come sono sotto le tute d’ordinanza. Il colletto granata di Antonio Pigino, quanta tenerezza in quel braccio che stringe il pallone. E Massimo Piloni, eterna riserva di Zoff. Training azzurro, la zip che si chiude a fatica, le mani stringono i guanti. Tanta gente dietro, perfino due carabinieri. Il pomeriggio è assolato. Ma per lui ci sarà solo l’ombra della luce dell’ennesima panchina.

Massimo Piloni Serie A 1974-75

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