di Nicola Calzaretta
Inizia l’Europeo. Segno che l’estate sta arrivando. L’Italia è campione in carica, due successi continentali per gli azzurri, anche se per il bis si è dovuto attendere la bellezza di cinquantatre anni da quel lontanissimo 1968, con il calcio sopra le barricate. Epoche lontanissime, con molte “cose perdute” che resero quell’edizione ancor più avventurosa ed emozionante. Su tutte la “monetina” e la ripetizione della finale finita in pareggio, i calci di rigore per decretare il vincitore ancora non erano stati introdotti (e non c’erano nemmeno le sostituzioni!). Tutto concentrato nella fase finale che a quell’epoca prevedeva solo semifinali e finali, quattro squadre a contendersi la Coppa intitolata a Henri Delaunay, primo segretario dell’Uefa e padre del torneo (solo nel 1980 le partecipanti salirono a otto). Nel mezzo poi tante sottostorie da romanzo.
Sandro Mazzola che contro l’URSS, complice un infortunio di Gianni Rivera, da centravanti inizia a trasformarsi in mezzala. Angelo Domenghini e la sua punizione che ci salva nella prima finale con la Jugoslavia. Il Ct Ferruccio Valcareggi che ne cambia sei nella ripetizione. L’esplosione inattesa del ventenne Pietro Anastasi. Il ritorno a furor di popolo dell’acciaccato Gigi Riva, decisivo nella finale bis. E in porta Dino Zoff. Ventisei anni, gioca nel Napoli da una stagione e in azzurro è poco più che esordiente. Il primo passo è stato il debutto proprio al San Paolo davanti al suo nuovo pubblico che lo ha eletto fin da subito a beniamino. 20 aprile 1968, Italia-Bulgaria 2-0. È l’inizio di un romanzo lungo una vita. Due mesi dopo Dino è il titolare dell’Italia che conquista l’Eu…