di Antonella Bellutti
La cerimonia di apertura dei Giochi olimpici è l’evento nell’evento. Se l’importante non è vincere ma partecipare, prendere parte alla sfilata, in cui si celebra l’inizio di quella che pur se tra tante contraddizioni resta la più grande festa dell’umanità, è il desiderio nel desiderio di ogni atleta. Purtroppo però sono tanti, anzi, sono la maggior parte gli atleti che, pur partecipando alle competizioni olimpiche, non possono vivere quell’emozione; non possono farlo per semplice conseguenza del fatto che non ci sono o non possono essere disponibili. Facendo un esempio coi numeri delle prossime Olimpiadi parigine, dei 10.500 atleti che parteciperanno ai 329 eventi delle 32 discipline in programma nelle 19 giornate di gare, pochi saranno presenti nelle date che consentirebbero una partecipazione alla cerimonia senza che ciò comprometta l’avvicinamento alla gara. Vediamo perché.
La prima ragione è legata al programma degli eventi. L’iconico, affascinante luogo catalizzatore di incontri qual è il villaggio olimpico, dal punto di vista meramente organizzativo è una sistemazione dispersiva, distraente e per molti aspetti decisamente affaticante: lunghe sono le file per passare i controlli di sicurezza, lunghe le attese per accedere ai ristoranti self services, lunghi sono gli spostamenti per muoversi al suo interno. Motivi per cui le federazioni cercano di ridurre la permanenza dei propri atleti al tempo strettamente necessario e a cui si aggiungono, ovviamente, i costi: immaginiamo quale sarebbe la spesa per delegazioni numerose come quella italiana che, all’ultima edizione di Tokyo, era presente con 384 atleti (più tecnici, dirigenti, ecc.). I soggiorni sono gestiti in maniera tale da garantire l’ambientamento e terminare, tendenzialmente, il giorno dopo o, al massimo, due giorni dopo la fine della competizione. Quindi il calendario di arrivi e partenze è disegnato sul p…