Ve lo ricordate, circa tre anni fa, il progetto di organizzare il Mondiale ogni due anni? Era un’idea, tra gli altri, di Arsene Wenger, capo dello sviluppo globale della FIFA, lanciata e rilanciata dai media di tutto il mondo, spiegata a dirigenti confederali, federale e allenatori. Vale la pena ricordare il contesto: si era usciti dalle fasi più difficili della pandemia, lo sport aveva ripreso la propria programmazione e recuperato il recuperabile, pochi mesi prima il calcio era stato travolto, per poche ore, dal coming out della Superlega e dalle manovre di contrasto dell’UEFA. Non era il caso di parlare di altre competizioni per club, dato quanto accaduto, e anche per questo motivo la proposta Wenger portò a diverse discussioni nel merito. Il Financial Times, per dire, nel catenaccio di un articolo intitolato “The battle to control football: FIFA versus UEFA” riassunse il senso del pezzo con un illuminante «il progetto di organizzare la Coppa del Mondo ogni due anni fa parte di una battaglia per capire se i grandi club o le squadre nazionali avranno il sopravvento». Ecco: no, lo scontro non era quello. Oggi si può dire.