di Nicola Sbetti
Intervistato da La Stampa lo scorso 18 marzo per promuovere il suo spettacolo teatrale La Milonga del Fútbol, Federico Buffa ha sostenuto che «il futuro non è semplice per chi dovrà raccontare storie. Si saprà tutto di tutti. Si potrà vedere tutto di tutti». Nello specifico, facendo un esempio, ha affermato: «Quando Sinner avrà 50 anni, tu potrai vedere tutte le partite che ha giocato, sarà stato intervistato 150 volte… e che cosa racconti di Sinner?».
All’interno della mia bolla social queste considerazioni hanno ricevuto un consenso sorprendente, al punto che io stesso, inizialmente, avevo accettato pigramente questa teoria, in quanto tutto sommato confermava indirettamente un mio pensiero secondo cui i grandi campioni che hanno incarnato la svolta neoliberista nello sport (i Michael Jordan, i Wayne Gretzky, i Tom Brady, ma gli stessi Baggio, Totti, Del Piero e Pirlo) sono figure meno interessanti dei grandi campioni figli del ’68 e della baby boom generation (Gli Smith e Carlos, i Muhammad Alì, i Kareem Abdul-Jabbar, ma anche i Gigi Riva e i Mennea).
A mente fredda però, sono andato a recuperarmi l’intervista e mi sono convinto che si tratta di un’enorme sciocchezza. Tralasciamo per oggi la facile critica a quei narratori che alla ricostruzione della verità prediligono una bella storiella (un tema che peraltro ho già trattato sia in questa rubrica<…