Un talento gestito male. Questa potrebbe essere una delle risposte al ‘mistero’ Jacobs, l’unico atleta italiano ad avere vinto due medaglie d’oro olimpiche nella velocità, all’interno della stessa edizione dei Giochi, per l’esattezza Tokyo 2021, Giochi rimandati di un anno a causa della pandemia. Gestito male da sé stesso, dal suo staff e dalla federazione di atletica. Il cambio di allenatore e il trasferimento in Florida sarebbero già delle prime risposte in questo senso. Ma c’è un altro aspetto, probabilmente più mentale, che emerge da una delle sue tante interviste, molte di più delle gare cui ha partecipato da tre anni a questa parte, la maggior parte saltate a causa di una serie di piccoli infortuni che ne hanno minato la continuità e aumentato a dismisura il ‘gossip’ intorno al suo personaggio: «Pensavo che le vittorie avrebbero messo tutto a posto. Invece, ho scoperto che quando vinci hai l’obbligo di riconfermarti e sei sottoposto continuamente al giudizio degli altri, sempre in discussione».
Una dichiarazione che, a nostro modesto parere, esprime una fragilità emotiva, relazionale e mentale, di un talento che non ha capito, cui non è stato spiegato, come gestirsi, che una vittoria, per quanto bella, importante e storica – che niente e nessuno cancellerà mai – resta una, mentre i veri grandi dell’atletica si sono ripetuti e hanno dato continuità, gara dopo gara, alla propria narrazione. Forse come altri atleti in altri sport pensava e sperava di monetizzare a lungo quelle medaglie d’oro, di farlo al di fuori della disciplina e del sudore che richiede la riconferma. E infine, per quello che sappiamo e possiamo comprendere, una vittoria, per quanto bella, dice solo chi sei come atleta, ma non rimette a posto cosa sei fuori dal tartan.