Una manciata di giorni fa, un comunicato stampa di Dazn, scritto nella lingua del marketing e ripreso pari pari da tutte (o quasi) le testate interessate, segnalava il lancio di «un nuovo palco per il calcio femminile, una nuova ‘call to action’ globale a supporto delle atlete e al movimento sportivo femminile con un unico obiettivo: garantire sempre più visibilità alle competizioni attraverso il coinvolgimento di un pubblico di appassionate e appassionati ancora più ampio, per assicurare al calcio femminile un futuro sostenibile». Di fatto, il broadcaster ha comunicato l’aumento degli eventi «fruibili in app in modalità gratuita», allargando l’offerta a una «selezione di partite della Serie A, della Liga F, della Women’s Super League, della Women’s Premier League e tutte le partite della Uefa Women’s Champions League». Ok, d’accordo.
Ora, al di là della call to action, perché esiste una neolingua che continua a fare piuttosto ridere, nel comunicato di Dazn figuravano anche le parole della “co-ceo dello sport femminile di Dazn”, Hannah Brown. Riprese anch’esse, quando magari meritavano di essere chiosate. Testualmente:
Il calcio femminile è di fronte a un bivio e noi vediamo due possibili futuri: in uno, gli stakeholder si “alleano” per costruire insieme un importante giro d’affari, portandolo ad avere l’attenzione globale che merita; nell’altro, i progressi procedono lentamente e si rischia di perdere un’occasione straordinaria per accelerarne la crescita. Il calcio femminile ha un notevole potenziale commerciale e questa opportunità deve essere colta adesso. Certamente, fare tutto questo richiede una mentalità da capitale di rischio, con un orizzonte di investimento di diversi anni.
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