Un periodo di cui non si parlava mai. O quasi. Per più di mezzo secolo l’epoca del Terzo Reich e della Seconda Guerra Mondiale è sempre stato tema spinoso, controverso, oscuro. Lo era in tutti gli ambiti della società tedesca e il calcio non faceva eccezioni. Il passato scomodo era dimenticato, come nel dimenticatoio erano finite anche i carnefici le vittime, poi a inizio Anni Duemila, quando il Fußball stava avviando una delle sue più importanti rivoluzioni tecniche della sua storia, l’inizio di un lento processo di riscoperta di quell’epoca.
In principio fu un libro A cambiare la prospettiva fu un volume dello storico Nils Havemann, uscito nel 2005 e commissionato dalla DFB, la Federcalcio tedesca. Il suo titolo è Fußball unterm Hakenkreuz, “Il calcio sotto la svastica”. È il primo tentativo del Fußball di fare i conti con il proprio passato. Havemann racconta come il calcio tedesco e i suoi dirigenti fossero stati per la maggior parte favorevoli per non dire conniventi con il regime nazionalsocialista, applicando i suoi principi anche al calcio, come l’esclusione di ebrei e oppositori politici dai club e l’affermazione del Führerprinzip, ovvero del principio del comando nell’organizzazione sportiva. Il libro è importante anche perché è il motore per club, istituzioni sportive e per la stessa Federazione per iniziare a scavare nel proprio passato, con scoperte a tratti imbarazzanti.