Gli sport invernali e tutto ciò che ruota intorno al turismo invernale in Italia ha un valore stimato tra i 10 e i 12 miliardi di euro. Una cifra che è stata calcolata nel momento in cui la pandemia ha messo a dura prova anche questo comparto dell’economia tricolore. Lì dove il business si intreccia con lo sfruttamento del territorio e il cambiamento climatico, emergenze che stanno mettendo, nuovamente, in difficoltà un settore che rivendica un legame con la sopravvivenza delle strutture agricole, le quali grazie alle attività di allevamento e coltivazione – secondo Coldiretti – svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio contro il dissesto idrogeologico, l’abbandono e lo spopolamento.
Un fenomeno stagionale che coinvolge 4 milioni di praticanti distribuiti su 3.200 chilometri di piste, 1.820 impianti di risalita e 30mila addetti, 400mila le persone coinvolte considerando l’indotto, dove un terzo del fatturato si sviluppa tra dicembre e gennaio. Con un’impiantistica che vale 1,2 miliardi di euro e nel quale si spendono 100 milioni circa per innevare artificialmente le piste; altro tema che è diventato di grande attualità di fronte a un evidente cambiamento climatico, tanto da far domandare se lo sci, come lo abbiamo conosciuto negli ultimi quarant’anni, potrà avere ancora un futuro.
Quarant’anni come il film Vacanze di Natale che, al di là di un racconto e un linguaggio oggi inaccettabili, fotografò l’Italia di allora, tra il riflusso politico e sociale e la voglia di divertirsi e di aspirare a una vita di piaceri e lussi, inaccessibili fino a qualche anno prima. È l’Italia della Milano da bere e da lì a poco di Alberto Tomba, che proprio ne…