Monografia

Alex Schwazer nello spirito dei tempi

Vittima o colpevole? Alcune considerazioni laddove la ragione non esiste

Togliamoci subito il dente, tanto per far capire che siamo vecchi e snob: se uno partecipa a un reality show per noi passa subito dalla parte del torto. Ma siccome in fondo anche a noi piace sedere dalla parte del torto – il mondo del giornalismo sportivo è pieno di quelli che si mettono dalla parte della ragione, e hanno molto più successo di noi infatti –, quella di Alex Schwazer ci è parsa la figura adatta, e probabilmente la migliore, per introdurre un argomento piuttosto urticante, quello dei cattivi che nello sport, come nella vita, non mancano. Quelli che cattivi lo sono davvero, quelli che magari non lo sono, ma li disegnano così, che sono solo pedine, come ci insegnava Jessica Rabbit: ne raccontiamo tre, in questa monografia, ma uno su tutti, il primo, Schwazer appunto, è un capolavoro di grigi in un mondo abituato a dividere tutto in bianco o nero nella consueta ottica polarizzante. Innocente per qualcuno, colpevole per gli altri. Indecifrabile per noi, ed è proprio questo ciò che ci attira. E che ci aiuta.

Ci aiuta perché vi sono alcuni punti fermi, in questa vicenda, e poi c’è tutto il resto.
I punti fermi, mondati di ogni inutilità:

  • 22 agosto 2008: oro olimpico ai Giochi di Pechino nella 50 km di marcia, pulito; 
  • 6 agosto 2012: annuncio della sua positività all’EPO nel corso di un controllo a sorpresa della settimana precedente. Schwazer ammette di essersi dopato;
  • 2013-2014: si svolgono il processo sportivo e quello penale. Sul piano sportivo arriva una squalifica a 3 anni e 6 mesi (più tardi saranno aggiunti ulteriori 3 mesi), su quello penale – perché il doping è reato – patteggia la pena di 8 mesi in 6 mila euro di multa, davanti alla Procura di Bolzano;
  • 2015: torna ad allenarsi con Sandro Donati, una garanzia in termini di lotta al doping;
  • 8 maggio 2016: corre la 50 km di marcia ai Campionati del Mondo a squadre a Roma. Vince vince c…

Lorenzo Longhi
Emiliano, ha esordito con il primo quotidiano italiano esclusivamente web nel 2001 e, da freelance, ha vestito (e smesso) casacche anche prestigiose. Di milioni di righe che ha scritto a tamburo battente gran parte è irrilevante. Il discorso cambia quando ha potuto concedersi spazi di analisi.