Cover image, credit by 爪丨丂ㄒ乇尺_卩丨ㄒㄒ丨几Ꮆ乇尺
Motorsport in dangerous è il claim non ufficiale degli sport motoristici, è cosa nota e pure proverbiale. Andare a tutta velocità su una macchina o una moto, dentro un circuito, è sempre un rischio, un rischio che non potrà mai diventare zero, soprattutto nel motociclismo, dove i piloti sono più esposti rispetto a quelli del Circus. Se poi passiamo al ciclismo, nonostante i caschi di ultima generazione, è evidente che gli atleti corrano maggiori rischi di traumi più o meno gravi, a seconda della velocità e delle cadute durante le corse, nelle quali si inseriscono due variabili, l’organizzazione delle stesse, non sempre impeccabile sotto l’aspetto della sicurezza, e il rispetto del codice della strada, in un Paese che, culturalmente, vede il ciclista come un intralcio, se non addirittura come un nemico.
Le liste dei morti nei tre sport che abbiamo preso in esame è dannatamente lunga – per farsi un’idea, nella bibliografia potete trovare quelle di Wikipedia – e se da una parte ci ricordano il pericolo che si corre a praticare alcuni sport, dall’altra rappresentano lo stato dell’arte di epoche diverse, nelle quali, purtroppo, proprio le tragedie in pista hanno rappresentato motivo di riflessione per migliorare le condizioni di sicurezza, sia dei piloti che dei circuiti. Come ha egregiamente scritto Lorenzo Longhi nell’articolo F1 avamposto della sicurezza. Fino al prossimo dramma: «Cinicamente si potrebbe sostenere che a certi aspetti si pone rimedio solo quando ci scappa il morto, ma si tratterebbe di una semplificazione ingenerosa e non aderente alla realtà…». Ci sono foto storiche, però, che ci ricordano di quando i piloti della F1 gareggiavano con le cuffie in testa o si posizi…