La notizia riportata da vari media italiani è questa. Martin Podhajsky, studente di giurisprudenza di ventidue anni, che non ha mai giocato a calcio, ha firmato un contratto da professionista con l’Usti nad Labem, club ceco che milita in terza divisione. Il punto è che per farlo ha pagato, alla luce del sole, 20mila euro, sborsati dal padre: «Lui stesso ha detto che gli sarebbe piaciuto giocare, poi suo padre ha chiamato e le cose hanno cominciato a muoversi. Martin è uno studente di giurisprudenza e un dipendente di Viagem (sponsor del club, ndr) – ha raccontato il presidente del club, Premysl Kuban –. Stiamo ora adeguando il contratto con Martin, i tifosi lo vedranno già alla prima partita casalinga, per ora solo sulla panchina delle riserve». E ancora: «Non ha mai giocato a calcio – ha ammesso il presidente –. Solo FIFA, per quanto ne so. Tuttavia non si vedono 500mila corone ceche rotolare sul tavolo ogni giorno. Se qualcuno mi dà questa somma di denaro, io lascio giocare chiunque» e secondo un sondaggio il 63% dei tifosi sarebbe d’accordo, considerando la decisione vantaggiosa per tutti.
Ora, una parte di The SpoRt Light, sarebbe tentata di affrontare l’argomento dal lato economico ed etico. Perché in un calcio dove i soldi la fanno da padroni tutto può accadere, anche, che un giorno squadre più blasonate decidano di finanziarsi facendo pagare il Musk di turno milioni di euro per scendere in campo, una tantum, con il Real Madrid piuttosto che con il Manchester City. Chissà, potremo affrontare questo tema in qualche futura monografia.
Ma quello che ci ha ‘rubato’ gli occhi è stato altro.
Risa, sberleffi, commenti puntuti sul “non si fa”, “che schifo”, ecc.
E allora abbiamo un problema, sia lato giornalismo sportivo che lato tifosi o appassionati che dir si voglia.
Pagare per giocare o pagare per allenare, purtroppo, è una pratic…