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Il tema delle scommesse sportive in Italia è particolarmente delicato. Il nostro passato è costellato di combine scoperte e clamorose squalifiche, spesso rientrate per vari motivi, molte volte per l’insipienza della giustizia sportiva a dare seguito a ciò che quella ordinaria aveva già individuato. Quello del 1980 resta uno dei momenti più bui del totonero, anche se gli scandali degli ultimi anni ci raccontano un sistema internazionale di scommesse clandestine, con le amichevoli estive che sono diventate il campo di battaglia più prolifico per questa attività illegale; come abbiamo abbondantemente raccontato nella monografia Over dello scorso marzo.
Per regolare la pubblicità delle attività legate al gioco d’azzardo nel luglio del 2018 il primo governo Conte ha vietato: «qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro», articolo 9 del cosiddetto decreto Dignità. L’obiettivo era quello di riformare complessivamente la materia dei giochi pubblici per contrastare i rischi legati ai disturbi (ludopatia) del gioco d’azzardo.
Un provvedimento che fu aspramente criticato dalle parti in causa, dagli operatori del settore alle squadre di calcio, dovendo entrambi rinunciare a importanti introiti, sottolineando che così si sarebbe spinto gli utenti verso il gioco illegale. Un provvedimento che dopo cinque anni ha mancato i suoi risultati. Da una parte, infatti, il volume di denaro giocato in Italia è in costante aumento, dall’altra contenuti sul gioco d’azzardo sono presenti sui media: dai siti degli operatori ‘spacciati’ per siti di news, alle informazioni sulle scommesse c…