Gli ultimi Mondiali in vasca lunga di Fukuoka hanno lasciato addirittura l’amaro in bocca ai più critici degli addetti ai lavori: 2 ori, 7 argenti e 5 bronzi per un quarto posto nel medagliere (contato per numero di medaglie complessive). Quando si parla di Mondiali di nuoto, tuttavia, si parla anche di pallanuoto, tuffi, sincronizzato e acque libere, e in questo senso il risultato va scorporato se si vuole ragionare solamente del nuoto di corsia, quello che ha, apparentemente, deluso: 6 le medaglie conquistate, contro le 9 (5 d’oro) di Budapest 2022. L’insoddisfazione nasce da qui, ma attenzione: sono le aspettative a fregare i risultati, non il contrario e, tralasciando tuffi e pallanuoto che sono cosa differente, non si può non analizzare lo stato del nuoto di corsia italiano attuale con la pretesa di dovere sempre venire subito dopo gli Stati Uniti. Se è così, lo è perché ci siamo abituati troppo bene.
L’invito, qui, è a non ragionare sulla base di un Mondiale, dove peraltro comunque il bottino non è stato misero, anche perché giova ricordare che, dati i postumi della pandemia, è stato il secondo in due anni, avendo quello del 2022 posticipato di un anno la sua presenza in calendario (si sarebbe dovuto svolgere nel 2021, ma c’erano le Olimpiadi, quelle saltate nel 2020), in un programma mai così fitto. E dove l’Italnuoto, a ben guardare, non ha mai mostrato passi indietro davvero significativi. Urge guardare l’attualità con prospettiva storica: Thomas Ceccon e Nicolò Martinenghi, Benedetta Pilato e Simona Quadarella, Federico Burdisso e Alessandro Miressi fanno ormai parte dell’élite internazionale, e dietro di loro vi sono altri atleti e atlete che riescono ad arrivare alle finali o a ridosso di esse. Posto che le medaglie contano, eccome, è il medaglismo a far male, l&…