Ora che, lo scorso 29 giugno, è stato completato anche il primo volo spaziale commerciale, quello di SpaceShipTwo di Virgin Galactic, leggasi Elon Musk, è caduto un altro limite. No, non quello dello spazio – tecnicamente, tra l’altro, per questioni di quota non si può parlare di viaggio spaziale, cosa che abbiamo fatto impropriamente anche noi, e del resto Galactic 01 aveva ancora una valenza prettamente scientifica – ma è caduta un’altra barriera rispetto a ciò che il denaro non può comprare. Potrà, anzi può, anche questo e, in fondo, per chi ha sempre guardato alle conquiste tecnologiche con piacere, questa odora più che altro di ennesimo allontanamento delle distanze sociali tra quei pochi che possono quasi tutto, e quelli – la stragrande maggioranza – ai quali non solo sono interdette le stelle, ma anche la terra.
Fine di questo prologo politico, perché poi qui il nostro obiettivo è un altro, e pertanto anche SpaceShipTwo ci ha interessato, sin dal suo sviluppo, per arrivare al compimento della prima missione, in attesa che diventi pressoché solo un costoso gioco per ultramiliardari. Alla fine stiamo perdendo il gusto della conquista dello spazio, che poi è un limite simbolico assai rilevante per l’uomo. Decenni addietro se ne parlava anche sui quotidiani sportivi, e il pezzo odierno è un realtà una lettura, non abbiamo niente da insegnare, ma qualcosa da ricordare. Cosa? Quando, per esempio, poteva accadere di trovare l’apertura della prima pagina di un quotidiano sportivo colonizzata dall’intervista a un astronauta. 14 febbraio 1969, titolone del Corriere dello Sport: «Borman tra noi».
Chi era Borman? Frank Borman è stato un astronauta statunitense, allora aveva poco più di quarant’anni, oggi è ancora vivo e ne ha 95. Nel 1968 fece parte dell’equipaggio dell’Apol…