Tackle

Prima dei Mondiali di calcio femminili

Montepremi, sponsor, passato: scatta la nona edizione della rassegna. La FIFA ci guadagna ma ha ben pochi meriti

di Nicola Sbetti

La partita fra le padrone di casa e la Norvegia a Eden Park, il tempio del rugby neozelandese, inaugurerà il prossimo 20 luglio la nona edizione dei Campionati mondiali femminili di calcio: i primi organizzati congiuntamente in due paesi (l’Australia e la Nuova Zelanda) facenti parte di due confederazioni calcistiche differenti (AFC ed OFC), ma soprattutto i primi a 32 squadre.

I premi finali da parte della FIFA saranno raddoppiati rispetto all’edizione precedente, quella di Francia 2019, ma non saranno ancora paritari a quelli degli uomini. Il progetto è di arrivare alla parità per le prossime edizioni quella maschile del 2026 (organizzata da Stati Uniti, Messico e Canada) e quella femminile del 2027, che sarà scelta il 17 maggio 2024. Simbolicamente si tratterebbe di un traguardo importante, dato che l’intera storia del calcio femminile può essere raccontata come una battaglia in direzione della parità di genere. Tuttavia, sebbene non si possa negare che la FIFA ora presti maggiore attenzione all’evento che in passato, diversi indizi lasciano pensare che questa attenzione sia dovuta più al suo accresciuto peso economico che non a un particolare interesse per promuovere il movimento.

Per esempio, l’aver provato ad associare al Mondiale 2023 lo sponsor Visit Saudi riflette non solo un approccio miope e di corto respiro verso il calcio femminile…