Fuoco «Il Kosovo è – simbolo del cuore – la Serbia. Fermiamo la violenza». Ovvero: come dirsi contro le violenze fomentando un odio di parte. Questo è il testo dell’autografo di Novak Djokovic dopo la sua vittoria per 6-3, 6-2, 7-6(1) contro l’americano Aleksandar Kovacevic. Più tardi ha ripubblicato una foto del suo messaggio sul suo profilo Instagram. Djokovic si riferiva ai recenti disordini e violenze in Kosovo dopo le elezioni locali di aprile. I serbi costituiscono la maggioranza della popolazione nel nord del Kosovo e considerano ancora Belgrado la loro capitale. Dopo essersi rifiutati di partecipare alle elezioni locali, gruppi di etnia serba nel nord del Kosovo si sono scontrati con la polizia del Kosovo e le forze di pace guidate dalla NATO. «La mia posizione è chiara: sono contro le guerre, la violenza e ogni tipo di conflitto, come ho sempre affermato pubblicamente. Sono d’accordo con tutte le persone, ma la situazione con il Kosovo è un precedente nel diritto internazionale. Sono molto dispiaciuto per la situazione in cui ci troviamo: il Kosovo è il nostro focolare, la nostra roccaforte, i nostri monasteri più importanti sono lì». Sul fuoco la benzina del nazionalismo al posto dell’acqua della pace.
Idee Abolizione dell’intervallo oppure 2’ di pausa ogni 10’ per consentire agli allenatori di intervenire. Più sostituzioni. Un cartellino giallo 10’ di penalità, un cartellino rosso 30’. Piccole telecamere sulla testa, sulle scarpe o sulle ginocchia dei calciatori. Queste sono solo alcune idee di Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli fresco campione d’Italia. In una delle innumerevoli dichiarazioni raccolte in questi giorni logorroici (tra cui un penoso «a scuola bisognerebbe insegnare calcio, far capire cos’è il 4-4-2 o il 4-3-3», a Repubblica) pare abbia anche detto che lui ha vinto quindi adesso cambia il calcio. Qualcuno, ironicamente, ha suggerito di far uscire l’Andrea Agnelli che si è impossessato di lui, visto che tra le altre cose ha parlato di Super League e di Serie A chiusa a squadre di piccole piazze. Domanda ai colleghi: perché, dicendo cose spesso sovrapponibili, De Laurentiis è descritto come un visionario e Agnelli come un rinnegato?
Fischi. L’ucraina Marta Kostyuk è stata fischiata al Roland Garros dopo essersi rifiutata di stringere la mano alla bielorussa Aryna Sabalenka, che l’ha battuta per 6-3, 6-2. Un comportamento che la tennista ucraina non ha digerito: «Voglio vedere la gente reagire tra 10 anni, quando la guerra sarà finita. Non si sentiranno molto bene per quello che hanno fatto». Ha aggiunto poi di non rispettare Sabalenka, accusandola di non usare i suoi canali per prendere posizione contro l’invasione russa dell’Ucraina, sostenuta dalla Bielorussia: «Non posso rispettare chi si rifiuta di prendere posizione sui fatti importanti che accadono nel mondo». La Sabalenka ha risposto alle dichiarazioni della Kostyuk, dicendo: «Ho detto molte volte, nessuno – atleti russi o bielorussi – sostiene la guerra. Ovviamente non sosteniamo la guerra. Se potessimo fermarla lo faremmo, ma non è nelle nostre possibilità». A quindici mesi dall’invasione, lo sport dimostra che lo strappo, questa volta, è più difficile da ricucire.