In tutta la vicenda relativa alla penalizzazione comminata dalla Corte Federale d’Appello della FIGC dopo la revocazione della sentenza di assoluzione per la Juventus sul caso plusvalenze (il cui futuro seguiremo e del quale scriveremo quando saranno a disposizione molti più elementi e qualche sentenza in più: non abbiamo fretta di lisciare questi o quei tifosi), c’è un aspetto, sicuramente marginale nel merito, che mette a disagio. Si tratta di una frase, nulla più. Una frase che, tuttavia, in qualche modo racconta il calcio, la FIGC, il Paese. Questa:
Nelle stagioni al vaglio il club aveva perdite molto significative, ma invece di mettere le mani in tasca, ripianarle e quindi non fare mercato, ha creato plusvalenze fittizie che le hanno permesso di mettere soldi veri sul mercato.
Ora: personalmente non eravamo presenti al processo, ma questo virgolettato attribuito da La Gazzetta dello Sport al procuratore federale Chiné (e ripreso poi da decine di testate) fa cadere le braccia. Non entriamo, e non ci interessa, nel merito della richiesta né della sentenza, ma che in un processo l’accusa – ma vale anche se lo avesse fatto la difesa – possa confondere così grossolanamente poste di bilancio e “soldi veri” non è accettabile. Ammesso che il virgolettato di Chiné sia preciso, e non abbiamo motivo di dubitare dei colleghi, se si parla di plusvalenze fittizie l’intento casomai è quello di aggiustare i bilanci senza muovere reali…