Non usciremo mai, in fondo, dalla “Generazione di fenomeni”, dalla miglior squadra del volley del Novecento, perché questo è stata secondo la FIVB, la federazione internazionale della pallavolo, e non solo nella nostra memoria. Si parla della Nazionale italiana maschile di Julio Velasco, e di Bebeto poi, capace di illuminare e ispirare un intero movimento grazie ai suoi uomini e ai suoi trionfi. Non usciremo mai da quel ricordo, ma vale la pena tuffarsi nella memoria e riguardare gli incontri di quella Italia, soprattutto le grandi sfide dell’era Velasco, per rendersi conto che, a livello di regole, quello era ancora il pleistocene per una pallavolo che ha avuto il coraggio di rivoluzionarsi come poche altre discipline hanno fatto.
Chi ha dai trentacinque anni in su, e pertanto a pallavolo ha giocato da ragazzino o adolescente almeno nelle palestre scolastiche nelle ore di educazione fisica, anche senza esserne un esperto ricorderà di avere imparato quello sport con le regole di allora. Quando, in sostanza, si giravano tutte le posizioni, quando toccare la palla con il piede era un abominio ed era vietato, quando il set si vinceva al 15 ed esisteva la regola del cambio palla, vale a dire il fulcro del sistema di punteggio tipico del volley. Per chi non lo ricordasse, il sistema prevedeva che nei primi quattro set l’errore al servizio comportasse il cambio, cioè l’assegnazione della palla di servizio alla squadra avversaria, non il punto automatico. Un aspetto caratterizzante, che non di rado sfociava in lunghe fasi di gioco con il punteggio inchiodato sul medesimo risultato. Ecco: chi si fosse fermato a quei tempi – o chi ancora si soffermasse a guardare cartoni animati che hanno aiutato la popolarità della pallavolo negli anni O…