Posto che le nazionali hanno il diritto di precedenza, la scorsa settimana – mentre in Qatar stavano per iniziare i Mondiali – la Serie B italiana, ben lungi dal proporsi quale immediata alternativa domestica per il pubblico di appassionati in crisi in astinenza, era ferma per un impegno amichevole della Under 21. In sé, nulla di sbalorditivo, tuttavia le scelte di calendario qualcosa significano e, così, anche nella prima settimana completa senza la A e con Qatar 2022 non ancora cominciato, la cadetteria si è dovuta accontentare delle briciole. Come accade, del resto, a tutti gli altri sport che non sono il calcio, in questo momento ancor più spinti in periferia, o fuori, dalle pagine, cartacee o virtuali, dei media di settore nostrani.
Si è salvata per tre giorni solo la Coppa Davis, perché in Spagna hanno giocato gli azzurri di Volandri (Musetti, Bolelli, Sonego e Fognini) contro gli Stati Uniti, ma mancando Sinner e Berrettini, si sono ridotti anche spazi e titoloni. Qui però oggi il focus è calcistico e si concentra su un campionato che, dal punto di vista economico, è crollato nel tempo in modo verticale e che dimostra plasticamente come, anche in una nazione nella quale il calcio è religione, conta sostanzialmente solo l’élite agli occhi dei media. E se l’élite è la Serie A, a propria volta parente povera della Premier League e della Champions League, il resto viene di conseguenza. La grandeur del passato è cosa ormai prescritta: gli appassionati ricorderanno che in B, tra la fine degli anni Ottanta e la prima metà degli anni Novanta, hanno giocato campioni veri, compresi fuoriclasse stranieri non certo all’ultimo giro: Hagi, già finalista di Coppa dei Campioni, passò dal Real Madrid al Brescia e rimase dopo la retrocession…