Il calcio è calcio e la Nazionale è la Nazionale, d’accordo. Ma domenica sera, quando il Mondiale 2022 avrà già visto in campo la sua prima partita, quella tra Qatar ed Ecuador, vedere l’Italia di Mancini affrontare in amichevole l’Austria sarà qualcosa di vagamente imbarazzante. Non c’è niente di male, ma almeno ci darà la consapevolezza che, al di là delle affettuosità giornalistiche nei confronti di Roberto Mancini, questa volta (di nuovo) alla periferia dell’impero del pallone ci siamo noi.
Siamo gli altri, quelli esclusi dalla festa, e non c’è nessuno da colpevolizzare se non il nostro stesso movimento calcistico, anche se l’autocritica in questi mesi è stata piuttosto assente. E allora vanno bene l’esordio del giovanissimo e futuribile Pafundi (contro l’Albania, mercoledì 16 novembre; però occhio, perché con altri Ct per l’esordio di un 16enne con una manciata di minuti in A si sarebbe parlato di favori a questo o quel procuratore, a questo o quell’amico…), ma sentire i telecronisti della tv di Stato parlare di «movenze alla Messi» ha un che di paradossale soprattutto se, allo stesso modo, si ripete all’ossessione nelle interviste che l’amichevole non conta nulla, e anche questo atteggiamento giornalistico non ha niente di spontaneo ma sembra un goffo tentativo di nascondere l’imbarazzo per dovere infiocchettare qualcosa che infiocchettabile non è.