L’arte di correre, utilizzando il titolo del libro del famoso scrittore giapponese Haruki Murakami, in questi ultimi vent’anni si è trasformata in un business di dimensioni globali. Secondo l’Ibis World Business – società di analisi industriali – il giro d’affari della corsa nel mondo si aggira intorno al miliardo e mezzo di dollari (dati pre pandemia). Running USA ha calcolato che se nel 1976 i partecipanti statunitensi alle maratone erano 25mila, nel 2015 sono diventati 509mila. Competitor Group International ha reso noto che il reddito medio di questi è di 112mila dollari l’anno, superiore alla media nazionale, e il 76% sono laureati. Secondo la University of Illinois, la spesa media giornaliera di un partecipante alla maratona di Chicago è di 599 dollari. La Nielsen ha studiato il mercato cinese dei runner, in forte crescita, per scoprire che ogni appassionato spende circa 624 euro l’anno per abbigliamento e optional sportivi, cifra che corrisponde, euro più euro meno, allo stipendio medio dei cinesi.
Berlino, Boston, Chicago, Londra, New York e Tokyo sono le cosiddette 6 Major Marathon, capaci di fare correre ogni anno 350mila persone.
Per partecipare a quella della Grande Mela, ogni volta arrivano oltre 130mila richieste e, per chi non vince la lotteria che assegna il posto, il pettorale costa 400 euro più il pacchetto viaggio dei vari tour operator, arrivando a circa 2mila. Il giro d’affari si aggira intorno ai 400 milioni di dollari, con circa 2 milioni di persone lungo il tragitto, 315 alla televisione e 10mila volontari; senza contare le entrate fiscali che la città incassa nei giorni della manifestazione dagli oltre 250mila tra turisti e partecipanti. Chi vince porta a casa un assegno da 100mila dollari più vari bonus in base al tempo. Ovviamente ci sono pure le spese, tipo: 2,75 milioni di dollari alla polizia di Manhattan per l’ordine pubblico, anche se il bilancio annuale del New York Road Runners, l’ente o…