A Torino comanda un solo Agnelli. Questo è ciò che dicono coloro che conoscono bene la città, la famiglia e quel potere sabaudo che ammanta la storia familiare, industriale e sportiva del cognome che più di ogni altro ha attraversato e attraversa la storia d’Italia. E qui c’è subito il primo strappo perché l’Agnelli che comanda è John Elkann, figlio di Margherita e Alain Elkann, è lui l’ad di EXOR N.V. azionista, tra le altre, della Juventus per il 63,76% con diritto di voto del 77,9%, lì dove ha piazzato l’omologo Maurizio Arrivabene, a detta di molti, uomo di John.
E Andrea Agnelli? Lui è il presidente del club bianconero, e non solo, figlio di Umberto e Allegra Caracciolo. Michele Masneri in un bellissimo articolo su ilfoglio.it l’ha definito «l’Agnelli col nome giusto ma sempre al posto sbagliato». E la sua storia, familiare e personale, ha scolpito il carattere che oggi tutti intravvedono: ruvido e revanscista, o se preferite revanscista e ruvido. Andrea è cresciuto alla Mandria, «compound golfistico torinese» con un’educazione severa e minimalista, col quel doppio vezzo agnelliano e sabaudo insieme di non ostentare, che non vuol dire umile, semmai cercare di non farsi notare per assestare meglio il colpo quando serve. E in questa dicotomia tra la stirpe di Giovanni e quella di Umberto, secondo la vulgata, si è giocata anche gran parte della storia bianconera, almeno dal 2000 in poi, se non prima, Calciopoli compresa, ma ci torneremo.
In realtà il predestinato era il fratello, Giovanni Alberto, detto Giovannino, diminutivo che a detta di Andrea …