Per capire cos’è il doping oggi e come funziona la battaglia, ultradecennale, contro queste pratiche abbiamo intervistato il professor Giuseppe D’Onofrio, ematologo oggi in pensione dall’università, membro della Commissione antidoping di NADO Italia, padre del passaporto biologico, editor dell’International Journal of Laboratory Hematology, oltre ad avere pubblicato una serie di pubblicazioni scientifiche sulle alterazioni ematiche causate dal Covid-19. Autore, inoltre, del libro Buon sangue non mente. Il processo alla Juventus raccontato dal “grande nemico”.
Il doping sembra scomparso dai radar dei media, è sempre stato così, a parte scandali eclatanti, o si è abbassata l’asticella dell’attenzione e dei controlli?
«Io, nello specifico, mi occupo di passaporto biologico e doping ematico e credo che il doping sia ancora presente. Recentemente nell’atletica leggera è stato trovato un atleta positivo all’EPO e questo significa che l’antidoping è sempre in allerta, vero è, semmai, che quando i casi non toccano atleti di punta l’attenzione dei media scema, pronti poi a risvegliarsi se e quando toccherà di nuovo uno sportivo famoso. In realtà con il passaporto biologico e tecnologie analitiche innovative si è ottenuto un uso minore di sostanze dopanti e in dosi minori, perché non dobbiamo dimenticare il rischio per la salute che comporta l’abuso, soprattutto quando incontrollato. Ritengo, infine, che in alcuni sport, soprattutto quelli di fatica e resistenza, ci siano ancora atleti che si dopano».